“Residui del nazismo!”. Sale la tensione tra Turchia e Olanda

“Residui del nazismo!” Sale la tensione tra Turchia e Olanda

Comizi annullati, accuse di nazismo e ritorsioni diplomatiche: nel giro di pochi giorni le relazioni tra Olanda e Turchia sono precipitate ai minimi storici. Al centro della questione il referendum sulla nuova costituzione turca che si terrà il 16 aprile. Una consultazione che sta spaccando in due la Turchia, dove i principali sondaggi continuano a segnalare una distanza di pochissimi punti percentuali tra il sì e il no. Per questo motivo il presidente Erdoğan punta sul voto dei turchi all’estero, un bacino di voti prezioso e concentrato in alcuni paesi europei.

Due campagne elettorali

L’ultimo paese coinvolto nella campagna referendaria turca è l’Olanda. A Rotterdam, l’11 e il 12 marzo, avrebbero dovuto parlare il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu e la ministra per la Famiglia Fatma Betül Sayan Kaya. Ma le autorità olandesi hanno annullato entrambi gli appuntamenti. La visita di Çavuşoğlu ha tenuto banco per tutta la settimana. Non una settimana qualsiasi, per l’Olanda: sono gli ultimi giorni di campagna elettorale prima delle elezioni politiche del 15 marzo.

Un voto che vede in forte difficoltà il partito del premier Mark Rutte e i suoi alleati, mentre crescono i consensi per la formazione di estrema destra guidata da Geert Wilders, che si appresta a diventare secondo partito, e i Verdi potrebbero quadruplicare i loro voti. Wilders ha tentato (con successo) di creare un caso e ha aumentato le pressioni sul governo, chiedendo che Çavuşoğlu fosse dichiarato persona non grata e gli fosse impedito l’ingresso.

Residui del nazismo!

Per giorni il governo olandese ha comunicato alla Turchia, attraverso canali informali, che la visita di Çavuşoğlu non era gradita. Un problema di tempistica, ma non solo. «Ha a che fare col fatto che è un ministro – ha poi spiegato pubblicamente Rutte – Non stiamo bloccando i politici turchi, ma i ministri che vogliono parlare di questioni così strettamente nazionali». Ma Çavuşoğlu non ha raccolto l’invito ad annullare il comizio e, anzi, ha alzato i toni paventando l’imposizione di sanzioni all’Olanda. Così Rutte il 10 marzo ha scelto di negargli direttamente il diritto di atterrare, impedendogli di rivolgersi direttamente ai 400mila cittadini turchi residenti nel Paese.

Non ha tardato ad arrivare la reazione di Erdoğan, che da simili polemiche riesce probabilmente a far crescere il suo consenso in patria e ha quindi tutto l’interesse a usare parole pesanti. «Residui del nazismo e fascisti»: il presidente turco ha affibbiato agli olandesi lo stesso epiteto riservato ai tedeschi pochi giorni prima (in quel caso erano «ancora nazisti», Angela Merkel aveva ritenuto che non fosse serio commentare l’esternazione). Le autorità tedesche avevano infatti cancellato 4 eventi elettorali ai quali doveva partecipare Çavuşoğlu, che alla fine ha potuto rivolgersi agli 1,5 milioni di turchi con diritto di voto residenti in Germania dal consolato turco di Amburgo. Non tutti i comizi sono stati cancellati: il 6 marzo il ministro dell’Economia Nihat Zeybekci aveva parlato a Colonia. Regolare anche lo svolgimento di altri appuntamenti in Francia.

Scontri in piazza e ambasciate chiuse

Le polemiche tra Turchia e Olanda sono proseguite nella notte tra l’11 e il 12 marzo. Le autorità olandesi hanno bloccato, identificato e accompagnato al confine con la Germania la ministra turca per la Famiglia, che stava cercando di raggiungere il consolato turco a Rotterdam per tenere un comizio l’indomani. Attorno all’edificio, nella notte, si sono riunite in protesta alcune centinaia di turchi. La folla ha iniziato una sassaiola contro la polizia, che ha risposto con cariche e idranti. Il governo olandese ha motivato la decisione con il timore che i comizi acuiscano le divisioni all’interno della comunità turca locale.

Anche in questo caso la Turchia ha reagito immediatamente. La polizia turca ha formato un cordone attorno alle sedi diplomatiche olandesi a Ankara e Istanbul e il ministero degli Esteri ha comunicato all’ambasciatore olandese, in questi giorni fuori dal Paese, di non ritornare in Turchia per qualche tempo. Il premier Binali Yıldırım poi ha annunciato che avrebbe adottato forme più dure di rappresaglia. Se si arrivasse a imporre sanzioni, però, sarebbe la Turchia a trovarsi più in difficoltà. Gli investimenti diretti (Fdi) olandesi infatti ammontano a oltre 20 miliardi di euro, pari al 16% dei Fdi totali per Ankara. L’Olanda è il decimo mercato per l’export turco, con un volume di circa 3 miliardi di euro. Ma Ankara ha scelto di rincarare la dose: il 13 marzo Erdoğan ha minacciato di portare il caso di fronte alla Corte europea dei diritti umani.

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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