Giovedì 9 febbraio la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha respinto la richiesta di riesame del caso che riguarda le responsabilità dirette della Serbia nelle stragi perpetrate dai militari e paramilitari serbo-bosniaci in Bosnia Erzegovina durante la guerra. Nel 2007 la ICJ aveva dichiarato che Belgrado non era giudicabile direttamente responsabile dei massacri e del genocidio di Srebrenica per mancanza di prove.
La decisione della Corte
La ICJ ha respinto la richiesta di riesame dal momento che questa non è stata sollevata da alcun soggetto competente che rappresenti la Bosnia Erzegovina come Stato. E’ stato appurato che l’avvocato Sakib Softić, che ricevette mandato di rappresentanza nel 2002 e che ha presentato la domanda di riesame, non era autorizzato dal governo bosniaco, come già comunicato congiuntamente dalla Corte e dai membri serbi e croati della presidenza bosniaca, rispettivamente Mladen Ivanić e Dragan Cović, nel maggio del 2016.
In particolare il membro serbo Ivanić ha negato la legittimità di Softić come rappresentante delle istituzioni bosniache, forte del sostegno di Cović e della Corte stessa. Per protesta nei confronti di una diatriba che, secondo le parole del premier serbo Aleksandar Vučić, minerebbe i rapporti fra Bosnia Erzegovina e Serbia (rapporti che Belgrado vuole mantenere amichevoli), i deputati serbi di Sarajevo si sono astenuti dai voti parlamentari durante le sedute della settimana scorsa. Il membro bosgnacco della presidenza, Bakir Izetbegović, invece, non si è dichiarato concorde con la decisione della Corte,
La richiesta di Izetbegović
L’atmosfera intorno a questa delicata questione era tesa già da alcune settimane, dal momento che poco prima della scadenza decennale per la richiesta del riesame, Izetbegović aveva dichiarato che avrebbe richiesto alla Corte internazionale di giustizia di rivedere la sentenza del 2007. In quella sentenza, sebbene avesse riconosciuto come unico genocidio quello di Srebrenica, la Corte dell’Aja non aveva acclarato responsabilità dirette della Serbia nei massacri perpetrati in Bosnia Erzegovina durante la guerra. Secondo Izetbegović tale decisione mancava degli elementi venuti a galla dopo il processo del Tribunale penale per i crimini commessi in ex-Jugoslavia a Ratko Mladić, arrestato nel 2011, dunque dopo la sentenza stessa.
Izetbegović ha dichiarato retoricamente che tutti hanno bisogno di conoscere la verità, anche coloro che si oppongono alla ricerca di essa, e che la richiesta sarebbe stata effettuata prima della scadenza del 26 febbraio. La richiesta, come detto in precedenza, è stata rigettata dalla ICJ, non soltanto per un vizio di forma ma per una carenza di legittimità, la quale palesa con ulteriore evidenza quanto sia fallace la tripartizione dei poteri presidenziali decisa con la pace di Dayton del 1995.