Gli antefatti
La Russia, impegnata nella prima guerra mondiale, riportava grandi perdite, che contribuivano ad alimentare malcontento tra la popolazione. Insubordinazione e rivolte contro la coscrizione erano ormai all’ordine del giorno. Chi non si trovava al fronte era alle prese con inflazione, chiusura delle industrie, privazioni continue. Nelle campagne era ormai tornata l’economia di sussistenza e di baratto.
I ministri si rivelavano incapaci di risolvere la situazione e nemmeno l’omicidio di Rasputin, il favorito della zarina, contribuì ad attenuare la crisi generale.
I partiti di opposizione alla Duma, i “Cadetti” e i social-rivoluzionari, erano impegnati su questioni di principio lontane dalla realtà (discutevano di tipi di governo, di amministrazione delle terre, etc.) e comunque erano favorevoli alla prosecuzione della guerra. Gli unici contrari erano i rappresentanti (dopotutto non pochi) dell’ala internazionalista dei social-rivoluzionari, pacifisti.
Gli eventi: gennaio – marzo 1917
Il 9 (22) gennaio una grande dimostrazione riunì nella capitale Pietrogrado 140.000 persone in commemorazione della “domenica di sangue” del 1905 (quando le truppe zariste spararono sui manifestanti).
Il 14 (27) febbraio uno sciopero portò in piazza oltre 80mila persone (per quanto molti leader del movimento erano stati arrestati per tempo).
Il 21 febbraio (6 marzo) 36mila operai scesero in piazza; a loro si unirono manifestanti che chiedevano pane (i negozi venivano ormai ripetutamente saccheggiati).
Il 22 febbraio (7 marzo) lo zar rientrò in città dopo un soggiorno a Carskoe Selo: il ministro degli interni Protopopov lo assicurava che nella capitale tutto era tranquillo.
Il 23 febbraio (8 marzo) in occasione del Giorno Internazionale della Donna, gli scioperi che erano stati fino ad allora solo sparsi e scoordinati, per quanto imponenti, si trasformarono in una vera e propria insurrezione contro il governo. Le operaie scese in piazza chiedevano miglioramenti delle condizioni di vita e lavoro ed il ritorno dei mariti dal fronte. Nei giorni seguenti il numero dei manifestanti raggiunse i 200.000. Diverse truppe si rifiutarono di reprimere i disordini.
Nicola II si vide costretto ad abdicare, il 2 (15) marzo, offrendo la corona al fratello Michele, il quale tuttavia la rifiutò il 3 (16) marzo. Si concluse così la dinastia regnante dal 1613 su tutta la Russia: il potere zarista era ormai così debole che non fu richiesto nemmeno spargimento di sangue.
I partiti della Duma erano però impreparati a questi eventi: il Governo Provvisorio si rivelerà ben presto debole, mentre la popolazione comincerà a guardare con speranza ai sovety, forme di democrazia diretta che cominciarono a diffondersi capillarmente in ogni fabbrica e villaggio. Il protrarsi della guerra e il continuo temporeggiamento del governo porteranno ad ulteriori manifestazioni durante l’estate; il malcontento sarà poi cavalcato dal movimento bolscevico – forte soprattutto dopo il ritorno di Lenin dall’esilio e la pubblicazione delle sue “Tesi di Aprile” – che organizzerà in ottobre (novembre) la ben nota Rivoluzione.
E se oggi i Romànov sono “santificati”?
La Chiesa Ortodossa Russa ha canonizzato gli ultimi Romànov; Nicola II in particolare è una figura riutilizzata a scopi nazionalistico-propagandistici dall’ala conservatrice della politica russa. Un mese fa la deputata della Duma Natal’ja Poklonskaja ha portato davanti al governo le istanze di gruppi ortodossi che chiedevano il divieto di distribuzione del film “Matil’da” di Učitel’, la cui trama mostrava un giovane Nicola II infatuatosi di una ballerina (e pertanto, a loro dire, poco “santo”). Ora la stessa Poklonskaja fa parlare di sé facendo girare la pseudo-notizia di un busto dello stesso zar (“nostro sovrano” lo ha definito), collocato a Simferopoli in Crimea lo scorso anno, che avrebbe preso, come un’icona sacra, a lacrimare. Lo ritiene un “miracolo”, avvenuto a 100 anni dalla rivoluzione per “ricordarci che loro sono morti per permettere a noi di fare della Russia un paese prosperoso e grande”.
Gli appunti storici sono presi principalmente da Giovanni Maniscalco Basile, “La Russia dalla prima guerra mondiale alla perestrojka”, in Colucci, Picchio (a cura di) “Storia della civiltà letteraria russa”.