Anche i politici di Washington amano la vodka. E’ quanto emerge da una lettera di Dana Rohrabacher, membro del Congresso degli Stati Uniti ed esponente del partito repubblicano, inviata al presidente serbo Tomislav Nikolic. La lettera propone di smembrare la Macedonia e dividerla tra Kosovo e Bulgaria alla luce del fatto che “non è nemmeno uno stato”. Anche i serbi avrebbero la loro parte in questa ridefinizione dei confini, ottenendo la sovranità sulle aree a maggioranza serba del Kosovo. A inizio febbraio, Rohrabacher – che è responsabile dello US House Foreign Affairs Subcommittee on Europe, Eurasia and Emerging Threats – ha detto le stesse cose ai microfoni di Vizion Plus, emittente televisiva albanese.
Il governo macedone, all’oscuro della missiva inviata a Belgrado – e forse anche a Sofia – ha reagito male alle dichiarazioni televisive di Rohrabacher e, per bocca del ministro degli Esteri, ha chiesto che “gli Stati Uniti si dissocino dalle dichiarazioni di Rohrabacher e renda note le proprie posizioni nei confronti della Macedonia e dei Balcani”.
Dal canto suo, appresa la notizia, il governo bulgaro si è limitato a un commento sibillino: “noi siamo favorevoli a una più profonda integrazione euro-atlantica dei Balcani”. La Bulgaria ha stretti legami storici con la Macedonia ed è stata il primo paese a riconoscerne l’indipendenza nel 1991, tuttavia molti intellettuali non riconoscono l’esistenza di una “lingua macedone” e vedono negli slavi-macedoni dei “bulgari etnici”. La questione, in piena campagna elettorale (in Bulgaria si voterà il prossimo 26 marzo), è stata abilmente utilizzata dai nazionalisti. Il partito nazionalista bulgaro VMRO (che, non ha caso, ha lo stesso nome dell’attuale partito di governo macedone) ha colto l’occasione per ricordare come la Bulgaria dovrebbe riportare la Macedonia sotto il proprio controllo.
Anche a Belgrado la proposta è stata mal ricevuta. Il primo ministro Aleksandar Vucic ha ricordato che la costituzione del suo paese dichiara l’intero Kosovo, e non solo una sua parte, quale territorio serbo e ha accusato Rohrabacher di essere esponente della “lobby albanese”. Il governo di Belgrado è stato recentemente al centro di una provocazione nazionalista nei confronti del Kosovo, inviando a Mitrovica – città kosovara a maggioranza serba – un treno su cui campeggiavano bandiere serbe e la scritta “il Kosovo è serbo”. Una vicenda che, secondo Rohrabacher, testimonia l’instabilità della regione e quindi la necessità di ridefinirne i confini.
Il piano di Rohrabacher, per quanto strampalato, non è del tutto nuovo: già in passato gli Stati Uniti sono intervenuti nelle vicende balcaniche contribuendo a ridisegnare i confini politici della regione. E Rohrabacher stesso ha sostenuto che l’UcK – più della NATO – ha evitato che i serbi compissero in Kosovo “un altro genocidio”. Parole che tradiscono una visione dei Balcani già molto in voga a Washington ai tempi di Clinton e poco utile a risolvere i problemi della regione.
Rohrabacher, tuttavia, è politico controverso, ma oggi controversa è l’intera amministrazione americana. Assai vicino al presidente Trump, ma definito da Politico “il favorito di Putin“, Rohrabacher deve forse alla sua intesa con Mosca l’amore per la vodka. Tuttavia la proposta del politico americano non sembra garantire a Mosca particolari vantaggi nella regione. In ogni caso, se l’obiettivo è la stabilità dei Balcani, non è certo con dichiarazioni così che la si potrà ottenere.