Lo scorso 2 febbraio la Georgia ha ottenuto dall’Unione Europea la tanto agognata liberalizzazione dei visti per soggiorni limitati nell’area Schengen, che dovrebbe entrare in vigore verso la fine di marzo.
Nell’articolo in cui descrivevamo dettagliatamente le dinamiche di questa decisione, riportavamo le parole del presidente georgiano Giorgi Margvelashvili riguardo l’inclusione nella liberalizzazione dei cittadini delle due repubbliche de facto indipendenti (ma non riconosciute dalla Georgia e dall’Unione Europea) di Abkhazia e Ossezia del Sud in possesso di un passaporto biometrico georgiano.
Dopo quello che è stato considerato da Tbilisi come un successo storico nella sua scelta, ormai decennale, di una politica estera fortemente filo-atlantista e filo-europea, il governo georgiano ha subito messo in gioco le sue nuove carte per migliorare la propria posizione nei conflitti regionali.
Infatti, i passaporti dell’Abkhazia e dell’Ossezia non possono essere usati come documenti di viaggio se non nei quattro paesi che riconoscono l’indipendenza delle due repubbliche. Per viaggiare all’estero i loro cittadini devono, quindi, ricorrere a passaporti russi o georgiani. Le eventuali facilitazioni causate dalla liberalizzazione dei visti per l’area Schengen potrebbero rappresentare, quindi, un incentivo a scegliere documenti georgiani in luogo di quello russi, una possibilità sicuramente poco gradita sia ai governi delle piccole repubbliche caucasiche che al Cremlino.
Non desta quindi alcuna sorpresa la dura replica del Ministero degli Esteri dell’Abkhazia alle parole del presidente georgiano, che in un comunicato stampa del 2 febbraio ha condannato quello che è stato definito come un tentativo di manipolazione nei confronti dei cittadini dell’Abkhazia, con l’intento di volgerli in favore di Tbilisi. Tali affermazioni sono state a loro volta usate da Vitkor Dolidze, ministro per l’integrazione euro-atlantica georgiano, in riferimento all’opera del regime occupante sostenuto da Vladimir Putin.
La reazione del governo dell’Ossezia del Sud è stata in linea con quella dell’Abkhazia. In un comunicato del 3 febbraio, il Ministero degli Esteri locale affermava che “lo sviluppo delle relazioni tra Georgia e Unione Europea coinvolge solo la Georgia e non si estende ai cittadini dell’Ossezia del Sud”. Per questo motivo le parole del presidente georgiano sono state definite come frutto di una propaganda volta a spopolare l’Ossezia del Sud, creando ostacoli nei rapporti tra i suoi cittadini e il resto del mondo.
Nei prossimi mesi, con l’entrata in vigore della liberalizzazione dei visti, sarà importante osservare le possibili conseguenze di quella che può essere definita come un’azione di soft power di Tbilisi (e, indirettamente, di Bruxelles) nei confronti delle due repubbliche separatiste. Al contempo, non bisognerà trascurare l’azione della Russia, la principale potenza regionale. Mosca, garante dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste, si è già attivata per aumentare il controllo sulle frontiere che separano l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud dalla Georgia. La possibilità che gli abitanti di questi territori usino la Georgia come transito per i viaggi all’estero è, quindi, sicuramente al di fuori dei piani del Cremlino.
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Immagine: Niccolò Alario