I croati della Bosnia Erzegovina reclamano la nascita di una terza entità a maggioranza croata. Denunciano, difatti, che la strutturazione del Paese in due entità, la Federazione di Bosnia Erzegovina, a maggioranza bosgnacca e croata, e la Republika Srpska, a maggioranza serba, sia a loro sfavorevole. Una posizione che ha scatenato la reazione dei leader politici bosgnacchi, già alle prese con i difficili rapporti con l’entità serba. Una fase di tensione, dunque, nei rapporti tra i tre popoli costituenti, a dimostrazione di un’architettura istituzionale che continua a far discutere.
Una terza entità
La presa di posizione dei croati è arrivata lo scorso 28 gennaio nel corso della settima sessione del Congresso Nazionale Croato della Bosnia Erzegovina, l’organo che riunisce i principali partiti dei croati bosniaci. Il presidente del consiglio generale del Congresso Božo Ljubić ha dichiarato di fronte alla platea che è quanto mai necessaria una riorganizzazione amministrativo-territoriale, che includa la nascita di un’entità croata, da affiancare ad una bosgnacca e a quella serba.
Il sistema elettorale
Un altro punto chiave sollevato dal Congresso è la revisione dei sistemi elettorali del Paese e della Federazione, ritenuti sfavorevoli per i croati. Nel primo caso, i leader croati denunciano che il sistema attuale permette ai bosgnacchi, grazie alla maggioranza di cui dispongono, di poter eleggere il rappresentante croato alla presidenza. Nel secondo, ad essere sotto accusa è l’elezione dei membri croati alla Camera dei Popoli della Federazione, eletti uno per cantone a prescindere dalle proporzioni etniche. Una critica che si fonda su una sentenza della Corte Costituzionale bosniaca, che ha dichiarato l’attuale legge incostituzionale.
L’appoggio di Zagabria
Già altre volte i rappresentanti croati avevano denunciato una posizione marginale del proprio gruppo, che costituisce il 15% della popolazione totale. Oggi, però, questa voce trova una doppia sponda, una a Zagabria, l’altra a Banja Luka. Dalla prima, c’è il forte sostegno della Croazia ai connazionali di Bosnia, consolidatosi dopo il ritorno al governo dell’Unione Democratica Croata (HDZ). Nonostante il dichiarato supporto all’integrità territoriale della Bosnia e al suo percorso europeo, sia la presidente della repubblica Kolinda Grabar-Kitarović sia il premier Andrej Plenković hanno promesso una maggiore attenzione ai diritti dei croati bosniaci, bacino elettorale dell’HDZ.
L’asse con i serbi
L’altra sponda, indiretta, viene dal presidente della Republika Srpska Milorad Dodik e dalla sua battaglia contro le istituzioni di Sarajevo. L’avversione a ogni tentativo di accentramento del potere negli organi statali e la comune rivendicazione della propria autonomia hanno creato un’asse tra croati e serbi, che preoccupa il gruppo maggioritario, i bosgnacchi. Non a caso, la principale forza rappresentante dei musulmani bosniaci, il Partito d’Azione Democratica (SDA), ha reagito con durezza. L’SDA ha dichiarato che non ci sarà mai un’entità croata, confermando la necessità di una centralizzazione del Paese, non di una sua ulteriore federalizzazione. Al braccio di ferro politico intrapreso con i serbi, dunque, si è aperto ora il fronte con i croati.
Due forze opposte
È evidente che con i tre popoli costituenti guidati da élite egualmente nazionaliste, la Bosnia si trova stritolata tra due forze opposte, una centralista e una autonomista, che rappresentano i due diversi modi di intendere la sua stessa esistenza come Stato. Ad oggi, le forze autonomiste di serbi e croati sono crescenti e la sfida per Sarajevo sarà riuscire a venire incontro a queste richieste senza indebolire la struttura statale del Paese.