Lo scorso 25 gennaio le autorità della repubblica de facto dell’Abkhazia hanno annunciato la chiusura delle frontiere di Khurcha-Nabakevi e Orsantia-Otobaia, che permettevano il passaggio di beni e persone in Georgia.
Tale azione rientra nel piano del governo di Sukhumi per controllare il confine tra la regione separatista e la Georgia. L’azione consiste nella progressiva chiusura di quattro dei sei punti di passaggio tra Abkhazia e Georgia con l’esclusione del confine di Inguri, il principale, e, per opportunità logistiche dovute all’assenza di collegamenti, di quello presso il villaggio di Aberkit.
Secondo quanto affermato dal presidente dell’Abkhazia Raul Khadzhimba, nel lanciare il piano a fine 2014, infatti, non sarebbe stato logico per la sicurezza della repubblica separatista mantenere aperti tutti i punti di accesso verso la Georgia, visto lo stato di tensione permanente tra i due paesi, dovuto alla guerra che negli anni novanta ha portato all’indipendenza della piccola repubblica mai riconosciuta da Tbilisi.
Il controllo della frontiera de facto con la Georgia è, inoltre, un modo di affermare la propria sovranità, parzialmente riconosciuta a livello internazionale.
Lo scorso agosto erano state chiuse le prime due frontiere, presso Taglan e Alamkukhara, azione che era passata in modo relativamente indolore grazie all’opera di compensazione che consisteva nell’asfaltatura, finanziata da Mosca, della strada di collegamento tra queste località ed il confine di Inguri.
Lo stesso non è avvenuto con le successive chiusure di gennaio, che hanno causato proteste a livello locale e internazionale.
Tra le prime, in Abkhazia, sono le rimostranze dei 1400 abitanti del paese frontaliero di Nabakevi, le cui entrate si basano sulla vendita di prodotti agricoli in Georgia, e che, senza la possibilità di usare la frontiera più vicina, saranno costretti a fare un giro di 30 chilometri solo per arrivare fino al confine di Inguri. A utilizzare la frontiera di Nabakevi sono anche alcuni bambini dal lato georgiano del confine che per questioni logistiche hanno sempre studiato nel paese abkhazo.
L’azione del governo abkhazo sulla frontiera è stata vista con preoccupazione anche a livello internazionale. In particolare, il 26 gennaio, il coordinatore residente delle Nazioni Unite, Niels Scott ha condannato l’azione di Sukhumi in una dichiarazione in cui si è detto preoccupato del possibile peggioramento delle condizioni umanitarie ed economiche per gli abitanti delle regioni frontaliere, che la chiusura del confine potrebbe avere.
A causa di queste proteste, le autorità abkhaze hanno deciso di posticipare di un mese la chiusura della frontiera di Khurcha-Nabakevi. Non sembrano esserci, però, spiragli di manovra circa una riapertura permanente.
Secondo quanto affermato da Temur Nadaraia, governatore della regione di Gali (la regione dell’Abkhazia che confina con la Georgia), la chiusura della frontiera è una richiesta della maggior parte degli abitanti dell’Abkhazia, e in ogni caso il piano del governo non prevede la chiusura totale del confine nel prossimo futuro.
In conclusione, quanto sta succedendo in Abkhazia è un scontro di interessi tra gli abitanti locali, che non hanno contatti con la Georgia, e gli abitanti delle regioni frontaliere che, per ragioni sia economiche che personali, viste le numerose famiglie separate dalla frontiera, vorrebbero mantenere lo status quo.
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Immagine: Georgiatoday