Anche dopo il ritiro del contestato decreto ‘salva-corrotti’, circa mezzo milione di manifestanti sono scesi nuovamente in strada ieri sera a Bucarest e in altre città della Romania per protestare contro il governo di Sorin Grindeanu e chiedere le sue dimissioni. Giunte al sesto giorno, le proteste non accennano a diminuire di intensità, anzi si registra un incremento della partecipazione. Dal canto suo il primo ministro ha già detto che non intende dimettersi “per soddisfare la piazza” ma deve essere il parlamento, ha detto, a togliergli la fiducia con una procedura democratica.
Secondo i manifestanti, il ritiro della legge che prevedeva la depenalizzazione di corruzione e abuso di potere, è stato tardivo. Il governo, in carica da un mese, “ha ormai perso credibilità”, sostengono, e la protesta deve continuare “perché questa classe politica pensa solo a sé stessa”.
La legge “salva-corrotti” faceva comodo anzitutto a Liviu Dragnea, leader del partito socialista al governo, attualmente a processo per corruzione, e ai molti politici finiti in manette per scandali legati alla corruzione. Il semplice fatto di avere votato una legge simile nel primo mese di governo testimonia quanto al ceto politico interessi soprattutto curare i propri interessi. “I cittadini vengono dopo” lamentano i manifestanti, i quali accusano inoltre il governo di voler favorire politici e imprenditori sotto inchiesta per reati di corruzione, vanificando in tal modo la lotta alla corruzione dilagante nel paese.
Ancora una volta, quella romena è una protesta per la dignità. La legge per depenalizzare la corruzione è stata la miccia delle proteste ma il malcontento ha radici più profonde, e si origina nella mancanza di prospettive, di lavoro, di giustizia sociale. La Romania resta fanalino di coda in Europa e uno dei paesi UE con il più alto tasso di corruzione nelle sfere politiche ed economiche.
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