CROAZIA: Il caso INA-MOL, tensione tra Budapest e Zagabria

Da ZAGABRIA – Si ritorna a parlare del caso INA-MOL. La storia riguarda la maggior compagnia energetica croata INA, controllata dall’equivalente ungherese MOL, ma rivendicata dal governo croato. Lo scontro tra Zagabria e Budapest verte sulla diversa idea di sviluppo dell’INA: renderla un’impresa prevalentemente concentrata sulla rete energetica croata o integrarla in un conglomerato energetico mitteleuropeo?

Il caso INA-MOL

Nel 2003, la compagnia ungherese MOL stipula un primo accordo con il governo di Ivica Račan per l’acquisto del 25% dell’INA. Dal 2003 al 2009 MOL ha progressivamente comprato le azioni INA fino a raggiungere una quota del 49,1%, superando il 44,8% del governo croato. Nel 2009, MOL si accorda con il governo di Ivo Sanader – leader del partito nazional-conservatore HDZ – e ottiene la gestione dell’INA.

Dal 2012, il governo di Zoran Milanović – leader dei socialdemocratici del SDP – apre lo scontro con MOL, accusandola di depauperare l’azienda energetica croata. Nel 2013, MOL reagisce avviando un arbitrato internazionale presso l’ICSID (istituto legato alla Banca Mondiale). A sua volta, il governo Milanović, forte di una condanna nei confronti di Sanader per una tangente ricevuta da MOL, si rivolge alla commissione ONU in materia di diritto commerciale internazionale (UNCITRAL) per invalidare l’accordo del 2009. Nel 2015, la corte costituzionale della Croazia annulla però la condanna nei confronti di Sanader per difetti procedurali. Il 24 dicembre 2016, la sentenza del UNCITRAL dà ragione a MOL: la Croazia ha fallito nel dimostrare che l’accordo del 2009 sia frutto di pratiche corruttive.

Attorno al caso INA-MOL

Dietro al conflitto sull’INA si cela un annoso scontro di politica interna, amplificato da una generale contrarietà allo sviluppo di un sistema integrato tra le varie controllate di MOL. A lungo l’HDZ ha difeso la decisione di Sanader di cedere i diritti di gestione dell’INA, mentre l’ex-Presidente del SDP Milanović accusava gli avversari di aver svenduto una compagnia strategica e tradito l’interesse nazionale. Il caso INA-MOL è stato inoltre rilevante nella caduta del governo Oresković.

Recentemente, il neo-leader del SDP Bernardić ha sposato la battaglia dei lavoratori della raffineria di Sisak che MOL intenderebbe chiudere, mentre l’attuale Primo Ministro e Presidente dell’HDZ Plenković si è posto in maniera discontinua rispetto al suo partito. Infatti, in seguito alla sentenza, Plenković ha impegnato il governo a riprendere il controllo dell’INA riacquistando azioni detenute da MOL.

MOL punta a diventare un riferimento obbligato per la distribuzione energetica in tutta l’europa centro e sud-orientale. Per ora, la compagnia ungherese controlla sia l’INA, che la Slovnaft (maggiore compagnia slovacca), oltre ad altre compagnie minori come l’italiana IES, la ceca PapOil (qui una mappa delle attività e delle controllate di MOL).

Con l’investimento in Croazia MOL si è aggiudicata gli impianti del porto di Rijeka, gli oleodotti che collegano il porto ai confini statali e la possibilità di costruire un impianto LNG sull’isola di Krk. La gestione dell’INA ha permesso di raggiungere quello sbocco sul mare indispensabile per la prosperità di qualsiasi conglomerato energetico. La politica e l’opinione pubblica croata si oppongono però al trasferimento della produzione verso le moderne raffinerie di Budapest e Bratislava e alla riduzione dell’INA alle sole infrastrutture di trasporto. Finora, date le interferenze, l’investimento in Croazia ha generato ben pochi profitti. Non sorprende perciò l’apertura di MOL a rivendere delle azioni al governo croato, magari in cambio di prezzi vantaggiosi per lo stoccaggio e il trasporto dell’energia.

Foto: Rijeka rafinerija

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna

Chi è Pierluca Merola

Nato a Roma, appassionato di Balcani e allargamento dell'UE, risiede a Bruxelles. Collabora con East Journal da Maggio 2016, per il quale narra di avvenimenti croati e balcanici. Parla correntemente inglese, francese e croato.

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