A quasi due mesi dalle elezioni politiche dell’11 dicembre, la Macedonia continua ad essere senza governo. Nikola Gruevski, l’ex-premier e leader della VMRO-DPMNE, il partito di centrodestra vincente, non è riuscito a formare una coalizione dotata di maggioranza parlamentare, esaurendo il tempo previsto per il mandato esplorativo accordatogli dal presidente della repubblica Gjorge Ivanov. Lo stesso presidente ha così deciso che concederà un nuovo mandato solo a chi sarà in grado di presentargli le firme di 61 deputati necessarie per avere la maggioranza in parlamento. Ad oggi, non si vede all’orizzonte nessuno in grado di farlo, e la crisi rischia di prolungarsi ulteriormente.
Nessun vincitore
Le elezioni avrebbero dovuto portare ad una svolta, chiudendo la fase di crisi apertasi con lo scandalo intercettazioni e certificata un anno fa dalla nascita di un governo di coalizione tra i due acerrimi rivali, la VMRO-DPMNE di Gruevski, premier negli ultimi dieci anni, e i socialdemocratici della SDSM di Zoran Zaev. Il risultato elettorale, però, ha generato un nuovo stallo, poiché nessuno dei due ha i numeri per governare.
Il rifiuto della DUI
L’ago della bilancia è rappresentato dai quattro partiti della minoranza albanese entrati in parlamento. In particolare, è la DUI di Ali Ahmeti il vero king-maker, poiché senza i suoi 10 seggi nessuno può governare. Proprio la DUI era l’indiziato numero uno per l’alleanza di governo con la VMRO, visto che le due forze hanno governato insieme dal 2008 ad oggi. Un’alleanza, però, quanto mai impopolare agli occhi degli albanesi, che hanno punito il movimento di Ahmeti, crollato dal 14 al 7%. Alla luce di questo, il partito si è diviso sulla possibilità di appoggiare un nuovo esecutivo Gruevski, e alla fine ha prevalso il no ad un rinnovo dell’alleanza.
L’ombra di Edi Rama
Dietro alle mosse dei partiti albanesi, però, c’è un’ombra quanto mai ingombrante. È quella del primo ministro dell’Albania Edi Rama, che, in piena campagna elettorale nel suo paese, sta dimostrando un forte attivismo anche fuori dai confini. Il 7 gennaio Rama ha incontrato a Tirana i leader delle quattro forze presenti in parlamento, concordando una piattaforma comune. Si tratta, di fatto, delle condizioni che questi partiti pongono per entrare al governo, tra cui il riconoscimento della lingua albanese come lingua ufficiale del paese, al pari del macedone. Condizioni a quanto pare non accettate da Gruevski, paladino del nazionalismo macedone.
Poche chance di governo per Zaev
Più aperto verso queste condizioni potrebbe essere il leader dei socialdemocratici Zaev. Se è vero che la sua campagna elettorale è stata improntata al dialogo con la comunità albanese, altra cosa è formare una coalizione di governo stabile, anche perché si reggerebbe su almeno tre partiti, di cui due albanesi. Una prospettiva che allarma una buona parte di macedoni, tanto che il presidente Ivanov ha già posto dei paletti: tra le condizioni per ottenere il mandato, oltre ad avere la maggioranza, vi deve essere anche l’impegno a preservare e rafforzare il carattere unitario dello stato. Quasi un avvertimento, dunque, a non cedere alla piattaforma preparata da Rama, vista come un’inaccettabile invasione di campo.
Nuove elezioni?
Al momento, tutto è possibile. La decisione presa dal presidente sembra essere un modo per guadagnare tempo, nella speranza che Gruevski possa trovare l’intesa con la DUI. Se né l’ex-premier né Zaev saranno in grado di conquistare il sostegno delle forze albanesi, sullo sfondo resta l’opzione di nuove elezioni, proposte apertamente dalla VMRO. Una strada che precipiterebbe la Macedonia nuovamente in un clima di campagna elettorale accesso, prolungando una crisi che non sembra avere vie d’uscita.