CROAZIA: Dove abortire è quasi impossibile

Zagreb, 160113. Na zagrebackim ulicama se danas pojavio jumbo plakat tjednika Nacija koji proziva ministra Jovanovica zbog Zdravstvenog odgoja u skolama. Foto: Damir Krajac / CROPIX

Da ZAGABRIA – In Croazia l’interruzione volontaria di gravidanza è riconosciuta come diritto dall’epoca jugoslava. Ciò nonostante, è sempre più difficile abortire, a causa del crescente conservatorismo politico, della forte influenza della Chiesa Cattolica e dell’aumento delle associazioni in difesa della vita.

Abortire in Croazia

In Croazia, l’aborto è un diritto dal 1978, quando in Jugoslavia fu adottata una legge sull’interruzione volontaria di gravidanza entro le dieci settimane. Durante gli anni ‘90, in seguito all’indipendenza, sono stati numerosi i tentativi di emendare la legge, ritenuta dai conservatori croati illegittima in quanto eredità socialista. Nel 2003 è stata emanata una legge per il diritto dei medici all’obiezione di coscienza. La normativa ha un grande impatto sull’effettiva possibilità di esercitare il diritto alla scelta, come dimostrano i dati: nel 2014, su 375 ginecologi impiegati in ospedali in cui l’aborto può essere effettuato, solo 166 sono disponibili a eseguire l’operazione e seguire le pazienti. Alcune aree del paese non riescono ad offrire il minimo supporto alle donne che desiderano interrompere la gravidanza, una situazione che ricorda da vicino il caso italiano.

Come risultato, il numero ufficiale delle interruzioni volontarie di gravidanza è diminuito notevolmente dal 2000 e, negli ultimi anni, la Croazia è tra i paesi in Europa con il minor numero di aborti. Questo dato non sarebbe preoccupante se fosse accompagnato da un incremento della disponibilità e della vendita di anticoncezionali, o da un impegno del governo per la promozione dell’educazione sessuale nelle scuole. Al contrario, la diminuzione degli aborti nel paese va interpretata alla luce di altri dati, come l’aumento dei medici obiettori, una diffusa disinformazione e le forti pressioni sociali, così come le numerose cliniche private che, in cambio di alte somme di denaro, praticano l’aborto illegalmente.

Sempre più forti le pressioni contro l’aborto

La recente inchiesta di Mašenjka Bačić sul sistema abortivo in Croazia, pubblicata da Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), ha portato alla luce il percorso ad ostacoli che una donna deve superare per rendere effettivo il suo diritto alla scelta. Uno scenario al limite della legalità, di cui uno degli esempi più palesi è Klinika za pobačaje (Clinica per l’aborto), il primo sito che appare su internet per chi cerca informazioni su come abortire in Croazia. Il sito offre un’ampia scelta di foto, tra le quali spicca una forbice arrugginita e insanguinata, e un vasto numero di pareri “professionali”: chi abortisce rischia depressione, tumori al seno, disfunzione sessuale e la morte.

Tra i contatti utili presenti nel sito, si trova quello di Bethlem, un’associazione religiosa che offre aiuto e una sistemazione temporanea a donne incinte che decidono di non abortire. Secondo quanto riportato da BIRN, le clienti del centro sono spesso segnalate direttamente dal personale ospedaliero. L’associazione è controversa, specialmente per la scarsa limpidità sulla provenienza dei fondi ricevuti, circa 300.000 euro negli ultimi tre anni. Tra i promotori del sito spicca inoltre Vigilare, un’altra associazione per il diritto alla vita, famosa per l’organizzazione di numerose conferenze anti-abortiste nelle università di medicina di Zagabria e Spalato.

Sono inoltre sempre più frequenti le manifestazioni pubbliche contro l’aborto, come le veglie organizzate davanti agli ospedali in ricordo dei bambini mai nati, o come la marcia pro-life avvenuta lo scorso maggio a Zagabria. Un quadro generale preoccupante, che perfettamente riflette la strada intrapresa da anni dalla politica conservatrice croata.

Foto dal sito Klinika za pobačaje

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna

Chi è Silvia Trevisani

Nata nel nord-est italiano, vive e lavora tra Zagabria e Copenaghen. Possiede una laurea triennale in Studi Internazionali (Università di Trento) e una magistrale in Interdisciplinary research and studies on Eastern Europe (Università di Bologna). Appassionata di Balcani, interessata agli studi di genere e spaventata dai neofascismi, ne scrive per East Journal. Parla inglese, francese e, dopo una rakija, serbo-croato.

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