Non si ferma la “guerra della birra” in Romania. La scorsa settimana un Tribunale romeno ha vietato la produzione della birra seclera “Csíki Sör” intimando al birrificio di fermare la produzione e di eliminare entro 30 giorni tutte le birre prodotte. Eastjournal ha seguito la storia di questo epocale scontro alcolico fin dalle sue prime battute, quando nel 2015 ci furono i primi risvolti legali contro l’azienda seclera (qui l’articolo).
Da allora sono passati due anni in cui la birra dei secleri (comunità ungherese di Transilvania) ha avuto un notevole successo, non solo in Romania, ma soprattutto in Ungheria dove è possibile acquistarla in svariati festival e negozi. La “birra seclera” che fin da subito si è proposta come baluardo dell’identità magiara ha però dovuto fare i conti con la multinazionale olandese Heineken, che già nel 2015 intentò una causa. La Heineken accusò il birrificio di utilizzare un’etichetta con un nome troppo simile alla sua birra, la “Ciuc Premium“. “Csíki Sör” e “Ciuc Premium” in realtà sono nomi, ed anche etichette, abbastanza differenti. Sulla similitudine tra i due nomi rimandiamo al nostro articolo precedente.
A rigettare le tesi della multinazionale olandese sono stati negli anni scorsi differenti tribunali e uffici anche a livello europeo. Nel marzo 2016 fu il Tribunale di Suceava a dare ragione al birrificio, mentre il 9 dicembre 2015 è stato l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno (gestore dei marchi europei) con sede ad Alicante a sostenere la tesi della “Csíki Sör“. La presa di posizione del Tribunale di Târgu Mureș/Marosvásárhely del 27 gennaio 2017 è arrivata quindi come un fulmine a ciel sereno. Il tribunale si è schierato in favore della Heineken intimando al birrificio di fermare la produzione e di non vendere più prodotti con la dicitura “Csíki Sör“.
“E’ un attacco contro un’azienda locale che è fiera dell’identità, della lingua e dei simboli ungheresi” ha dichiarato András Lénárd, proprietario di maggioranza del birrificio seclero. Anche i politici della minoranza ungherese non hanno tardato a manifestare la propria solidarietà alla “birra nazionale”, evidenziando così come essa stessa sia diventata un simbolo di lotta identitaria. E non è la prima volta che Ungheria e Romania si scontrano sul riconoscimento di prodotti eno-gastronomici. Un anno fa fu la volta del kürtőskalács.
Di certo la battaglia tra i due birrifici non è ancora giunta al termine. Lenárd ha fatto sapere che faranno il possibile per veder riconosciuto il diritto a vendere il loro prodotto e che non hanno intenzione di modificarne il nome perchè “vorrebbe dire darla vinta alla multinazionale“. Il birrificio seclero è fiducioso vista la presa di posizione dell’Ufficio europeo, il cui grado di giudizio non è però ancora definitivo. Nel frattempo si apre la strada per il riconoscimento come hungarikum della birra seclera, riconoscimento fornito dal governo di Budapest alle specialità ungheresi.
Continuano intanto le iniziative di solidarietà. Una petizione contro la Heineken ha raggiunto in poco tempo quasi 40.000 firme riportando la birra seclera al centro del dibattito su internet e nei bar ungheresi. Tanto è vero che la stessa fama della birra può essere ascritta alle iniziative intraprese dalla multinazionale che in questo modo gli garantisce una pubblicità enorme, elemento forse preso in considerazione nella strategia marketing dallo stesso birrificio seclero.
Ma se la lotta nei tribunali e nel mercato continua a vedere il birrificio seclero in prima linea nella difesa della propria identità, lo stesso non si può dire per la sua proprietà. L’azienda ha infatti perso quella “autenticità seclera” da quando il 50% della proprietà è stato acquistato da una ditta straniera, anche questa olandese, la LIXID PROJECT. Come a voler dire che volenti o nolenti l’internazionalizzazione di un marchio di successo è inevitabile.