L’alternanza di fasi, a tratti controverse e positive, ha contraddistinto i rapporti tra la Bielorussia e la Russia sin dalle origini, per la contrapposizione tra gli interessi economici comuni e quelli divergenti legati alla politica internazionale.
In seguito ad alcuni recenti avvenimenti, gli attriti tra i due Paesi dell’ex Unione Sovietica sembrano sempre più evidenti, tanto da portare Minsk a collaborare con la Cina.
L’integrazione e gli scambi economici
C’è poi da ricordare che l’integrazione tra i due paesi va ben oltre il campo economico: infatti, a seguito della creazione di un’entità intergovernativa chiamata “Unione Interstatale”, consolidata con un trattato alla fine degli anni novanta, Minsk e Mosca si sono avvicinate sotto molti aspetti. L’integrazione è arrivata così alla creazione di uno spazio di sicurezza comune, all’abolizione dei controlli di frontiera, all’armonizzazione delle regole dei rispettivi mercati del lavoro e ad una più ampia convergenza dei sistemi sanitari ed educativi.
La Russia, ad oggi, risulta essere il paese con il quale la Bielorussia ha il maggior volume di scambi commerciali, con un terzo dell’export destinato esclusivamente a Mosca e una forte dipendenza per quel che concerne l’importazione di materie prime.
A Minsk, inoltre, si trova la sede centrale del “Commonwealth of Independent States” (CSI), un organismo sovranazionale nel quale la Russia ricopre un ruolo di primo piano, che risulta essere un metodo efficiente per proseguire l’influenza russa sulle ex repubbliche sovietiche.
I motivi di tensione
Le prime avvisaglie di alcune divergenze sono arrivate in occasione delle elezioni presidenziali del 2007, quando il presidente in carica Lukashenko ha accusato Putin di voler integrare la Bielorussia nella Federazione Russa, affermando che avrebbe concentrato tutti i suoi sforzi nel mantenere intatta la sovranità e l’indipendenza del suo Paese.
Successivamente il conflitto ucraino si è interposto nelle relazioni tra i due paesi: nelle fasi iniziali della guerra, il Cremlino ha tentato di far firmare al governo di Minsk delle sanzioni per limitare l’export di prodotti ucraini, successivamente imposte unilateralmente da Mosca.
Il presidente Lukashenko ha sempre tentato di mantenere una posizione conciliante, tanto è vero che i negoziati (Minsk I e Minsk II) per l’interruzione del conflitto si sono svolti nella capitale bielorussa: una posizione non netta che permette sia di mantenere intatti i rapporti economici con Mosca sia di salvaguardare le relazioni bilaterali con Kiev.
Un ulteriore motivo di dibattito è scaturito dalla decisione di istituire un regime visa-free (con un limite di 5 giorni) per i cittadini di 80 paesi: una decisione duramente criticata dal Cremlino che ha addirittura ipotizzato di reintrodurre i controlli di frontiera.
Il ruolo della Cina
Alla luce della variabilità nelle relazioni con Mosca, Lukashenko non è rimasto immobile a guardare, ma ha portato avanti una collaborazione con la Cina.
In una prima fase è stata accordata la creazione di un parco industriale alle porte della capitale bielorussa: questa infrastruttura permetterà alle compagnie cinesi di avere una posizione agevolata per accedere ai mercati europei e russo. La cooperazione si è successivamente ampliata sul fronte della cultura, con l’apertura di un centro culturale cinese a Minsk lo scorso 21 dicembre, al quale seguirà un omologo bielorusso a Pechino.
Come abbiamo visto le relazioni tra Minsk e Mosca non sono proprio rosee, ma le nuove prospettive nei rapporti con la Cina potrebbero essere fondamentali per la Bielorussia, anche se non è chiaro quanto i benefici di questa nuova collaborazione possano essere equilibrati per i due Paesi.
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