Dopo l’annessione di Costanza alla Romania (1878), la ristrutturazione del porto divenne uno dei progetti più ambizioni di re Carlo II: la città doveva essere il principale approdo dei romeni, recuperando così i fasti di un glorioso passato ancora imperiale.
È lo stesso sovrano a rammentare la morte di Ovidio a Tomi, insediamento latino che sorgeva nelle immediate vicinanze della città moderna, «un porto sulle rive dell’antico Ponto Eusino, dove, sin dai secoli più lontani, il commercio ha avuto un suo avamposto, dove numerosi monumenti storici ci portano alla memoria l’antica dominazione dei nostri antenati e dove ha terminato i suoi giorni il poeta Ovidio» (le traduzioni sono di chi scrive). Il mito ovidiano e le vestigia romane celebravano la latinità dei popolo romeno e i traffici marittimi mettevano in collegamento la Romania con il mar Mediterraneo.
Dalla Bohème parigina al mar Nero
Intorno al 1905 Ion Minulescu e Dimitrie Anghel erano tornati da Parigi imbevuti di cultura francese e di pose estetizzanti e decadenti. Nell’inverno 1906-7 Anghel trovò un incarico amministrativo a Costanza per sé e per l’amico: fu l’occasione per trascorrere del tempo insieme, traducendo dal francese e dedicandosi alla scrittura delle loro raccolte di poesie, che risentono tematicamente della vicinanza al mar Nero. Nel capitolo finale del romanzo autobiografico Rimandato in romeno (1928) Minulescu ricorda il soggiorno a Costanza come un momento di svolta grazie alla scoperta del mare:
È il giorno della mia vera nascita… Il primo barlume di luce fresca entra in me, insieme all’eco di una chiamata da lontano, che sento per la prima volta: «Arrivano i velieri… Vieni, andiamo a vederli entrare nel porto!».
Una porta verso l’Oriente e un mare ricco di simboli
Lo scrittore fa riferimento alla sua poesia Arrivano i velieri, apparsa nella sua prima raccolta, Romanze per più tardi (1908), pubblicata proprio al ritorno da Costanza. I velieri «sembrano portare tutto lo splendore | delle antiche celebrazioni | in onore di Nettuno, | il temuto signore dei mari Egei»: un riferimento alla Grecia e al mondo mediterraneo, che diventano un soggetto ideale per lo stile raffinato dei due simbolisti. Nel Sogno della seppia Anghel descrive una reame marino dove un’altra figura dell’antichità, la lussuriosa regina Semiramide, trasporta la sua reggia in uno spettacolo sfarzoso degno di un quadro di Klimt.
Nella poesia Nel porto Anghel descrive le banchine ricche di merci e di profumi esotici: «Da ogni dove si sentono voci rapide, | salgono e si chiamano, sulla banchina bianca di sole […] e un lungo profumo di pece, fiori e arance, | di terre viste un tempo come in un sogno, | si mescola in tutto il porto». Gli fa eco Minulescu con la Romanza dei tre velieri, dove le imbarcazioni si dirigono verso un mare misterioso:
Sono partiti i tre velieri…
verso quale litorale li porterà il vento?
Quali porti misteriosi,
nascosti agli sguardi indagatori,
li vedranno arrivare condotti dal dolore di un triste vagabondare?
Il poeta si sente solidale alla «tristezza di romanze eternamente erranti» degli equipaggi. Il porto è «più triste del Golgota insaguinato dal tramonto» e, con riferimento a Baudelaire, «un albatros solitario ferito | sta di vedetta | come Maria | venuta a vegliare un morto».
Nella poesia Crepuscolo a Tomi Minulescu definisce se stesso «un vagabondo preso per i capelli dal mare» alla ricerca dell’infinito in un tramonto carico di simbolismi accompagnato dal canto delle sirene. Poeticamente Costanza è un vero e proprio ponte rivolto verso il mondo classico e verso l’Oriente e, soprattutto, verso i grandi temi e le innovazioni della moderna poesia europea.