Svetlana Aleksievič si unisce alla ormai cospicua lista di importanti scrittori e intellettuali che hanno abbandonato la filiale nazionale russa dell’organizzazione PEN. Prima di lei, tra gli altri, Irten’ev, Ljudmila Ulickaja, Vojnovič, Gandlevskij. Con lei Lev Rubinštejn, Aleksandr Iličevskij e Boris Akunin. Il motivo è sempre lo stesso: il PEN center russo – per usare le parole della Aleksievič – “lecca i piedi al potere”.
Cos’è il PEN International
Nata a Londra nel 1921, l’organizzazione – PEN come Poets, Essayists and Novelists – punta ad unire e promuovere la cooperazione tra gli scrittori di tutto il mondo. I valori dei fondatori sono profondamente libertari: al centro non c’è solo la letteratura ed il suo ruolo come strumento di comprensione reciproca tra le culture, ma anche la lotta per la libertà di espressione e la difesa dei colleghi perseguitati, processati e uccisi per le loro idee. Ci sono stati anche due presidenti italiani a capo dell’organizzazione: Benedetto Croce tra 1949 e 1953 e Alberto Moravia nel biennio 1960-62.
Nei quasi cento anni di vita PEN ha visto la nascita di oltre 100 filiali nazionali, tra cui quella russa, dalla quale è uscita Svetlana Aleksievič, e quella bielorussa, della quale invece la scrittrice premio Nobel intende invece rimanere membro.
Il PEN center russo è stato fondato nel 1989; da allora è guidato dallo scrittore Andrej Bitov – noto in tutto il mondo per La casa di Puškin – coadiuvato prima dai vicepresidenti Bella Achmadulina e Andrej Voznesenskij, quindi da Ljudmila Ulickaja (fino al suo abbandono nel 2014) ed attualmente da Aleksej Simonov.
I motivi dell’abbandono di Svetlana Aleksievič
“La filiale russa di PEN ha dichiarato che non è affare degli scrittori difendere qualcuno o qualcosa; loro compito è star seduti tranquilli e scrivere, ovvero, detto sinceramente, leccare i piedi al potere” ha affermato la scrittrice. “Da tempo mi chiedono di non abbandonare il club, perché già decine di membri eminenti se ne sono andati, la Ulickaja, Vojnovič ed altri. Io sono restata perché i progressisti speravano di riuscire a rimanere in piedi in questa lotta, di non vedere la parte ‘oscura’ prendere il sopravvento. Ma questo piano non è riuscito. Ed io non ho altri motivi per continuare a prender parte a questo gioco”.
La scrittrice lamenta in particolare l’atteggiamento remissivo del comitato esecutivo del PEN club russo nei confronti del governo: sembra rifiutarsi di proteggere gli artisti perseguitati “dalla linea putiniana”, venendo quindi meno a uno dei principi chiave dell’organizzazione internazionale.
L’espulsione di Parchomenko dal PEN russo
La scelta di Aleksievič – e, con lei, di Rubinštejn, Iličevskij e Akunin – giunge all’indomani dell’espulsione dal gruppo del blogger Sergej Parchomenko, colpevole di aver preso le difese di Nadija Savchenko, del regista ucraino Oleg Sentsov e dell’oppositore Il’dar Dadin, tutti personaggi noti per i processi e le reclusioni di dubbia, se non del tutto illegittima, natura.
A fine dicembre oltre 60 membri del PEN center russo, tra cui Parchomenko, avevano sottoscritto una lettera al presidente Putin in cui chiedevano la liberazione del regista Sentsov. Tuttavia, non appena il documento è stato inviato, dalla direzione del PEN center russo hanno fatto sapere di non avere con tale lettera nulla a che fare. Dopodichè, per comunicazione ufficiale dal club, hanno espresso sì preoccupazione per la sorte del regista ucraino, ma senza di fatto accennare ad una richiesta di scarcerazione.
Sulla sua pagina Facebook Parchomenko ha apertamente criticato l’azione della direzione, dichiarandolo un modo per non perdere il favore del governo. Il 28 dicembre all’unanimità la direzione del PEN center ha espulso Parchomenko dall’organizzazione.