UNGHERIA: “Le ONG devono dichiarare il patrimonio”. Orban ancora contro la società civile

Orbán è pronto a iniziare l’anno nuovo con il piede di guerra. Nell’agenda legislativa della prossima primavera compare infatti una proposta di legge che richiede ai leader delle ONG di dichiarare pubblicamente il loro patrimonio.

Un’altra stoccata all’equilibrio delle ONG magiare?

Attualmente solo i membri del parlamento sono tenuti a rendere pubblico l’ammontare del loro patrimonio. La stessa richiesta fatta ai leaders delle ONG ha destato preoccupazioni per la stabilità della società civile. Il co-presidente dell’Hungarian Helsinki Committee, András Kristóf Kádár ha dichiarato a questo proposito “I leaders delle ONG non hanno poteri pubblici, non prendono decisioni di carattere che giustificherebbero una pubblica dichiarazione patrimoniale, tuttavia se verrà introdotta, la faremo”.

La lotta alle ONG era già iniziata nel 2014, quando l’Ufficio di Controllo governativo, diretto personalmente dal Primo Ministro magiaro, aveva condotto un’indagine su 62 organizzazioni. L’inchiesta, durata circa due anni, non aveva rilevato alcuna illegalità nell’attività delle associazioni ne aveva però danneggiato la reputazione e bloccato l’operatività.

Qual è il vero obiettivo?

In ogni caso l’obiettivo principale della proposta di legge sembrerebbe la neutralizzazione delle organizzazioni finanziate da George Soros. L’Open Society Foundation, di proprietà del sottoscritto, elargisce fondi a molte organizzazioni in Ungheria tra cui Transparency International Hungary che nel 2016 ha ricevuto circa il 7% dei suoi finanziamenti dall’OS, Hungarian Helsinki Committee che riceve dalla stessa tra il 25 e il 33% di fondi, e l’Hungarian Civil Liberty Union invece sussidiata circa per il 45%.

Szilárd Németh, leader di Fidesz ha messo in dubbio la legittimità delle ONG in Ungheria; quelle finanziate da Soros infatti, sarebbero delle finte organizzazioni, che anziché occuparsi di questioni sociali e umanitarie tenterebbero di influenzare la politica interna magiara, promuovendo il capitalismo globale in opposizione al governo nazionale, perciò sarebbe necessario porre un freno alla loro attività.

Allo stesso modo Orbán, ha  affermato che  gli attivisti politici delle ONG ungheresi sarebbero pagati da stranieri e che quest’anno sarà decisivo per l’eliminazione dei poteri rappresentati da Soros.

A queste affermazioni non è mancata la risposta di Christopher Stone il presidente dell’Open Society, il quale ha garantito che l’attività dell’organizzazione non si fermerà e che continuerà a lavorare insieme alle associazioni locali per salvaguardare  giustizia, democrazia e stato di diritto.

Possibili conseguenze.

L’eventuale proposta di legge preoccupa la dirigenza delle ONG, in particolare per la pressione esercitata da oneri amministrativi non necessari che complicherebbero e rallenterebbero il loro lavoro. Per non parlare degli effetti negativi sulla reputazione delle stesse. Il tutto creerebbe un vuoto tra società civile e ONG bloccando l’attività di entrambe. Anche i movimenti di opposizione si sono detti preoccupati, per i membri del Partito Socialista magiaro infatti la potenziale legge altro non sarebbe che ulteriore tentativo per smantellare lo stato di diritto.

Comunque è ancora presto per fare pronostici: la proposta è in agenda, ma non si sa se si trasformerà davvero in legge, e soprattutto che tipo di legge sarà. Certo visti i precedenti le premesse non sembrano essere buone e l’arrivo di Trump alla Casa Bianca potrebbe sfavorire le ONG ungheresi. L’aperta opposizione di Soros al nuovo presidente americano fa forse sperare Orbán in un atteggiamento più permissivo da parte del Dipartimento di Stato e dell’ambasciata statunitense a Budapest in caso di un eventuale attacco all’organizzazioni finanziate da Soros.

 

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.

 

 

 

 

Chi è Giulia Stefano

Nata a Roma nel 1990, dopo una triennale in Relazioni Internazionali all'Università di Roma Tre con una tesi in Storia dell'Europa centro- orientale, si è iscritta al MIREES (Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe) presso l'Università di Bologna. Parla inglese, tedesco e sta studiando russo. Da giugno 2016 collabora con East Journal. Gli articoli di analisi scritti per East Journal sono co-pubblicati anche da PECOB, Università di Bologna.

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