di Matteo Zola
Una base americana in Polonia, è quanto esce dall’incontro -avvenuto ieri- tra il ministro della Difesa polacco, Bogdan Klich, e l’ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia, Lee Feinstein, che hanno firmato a Varsavia un accordo che prevede la presenza fissa sul suolo polacco a partire dal 2013 di un distaccamento delle forze dell’Aeronautica militare americana (il cosiddetto ‘air detachment‘). Si tratta di un’intesa già concordata durante la recente vista del presidente degli Usa Barack Obama a Varsavia.
Secondo l’accordo, in Polonia soggiorneranno permanentemente almeno 20 militari americani, per garantire il servizio ai piloti e agli aerei da caccia F-16 e a quelli da trasporto C-130 Hercules.
La Polonia da anni è al centro di trattative con Washington al fine di potenziare la difesa di quello che è anche il limes orientale della Nato. Trattative che non sono mai piaciute al Cremlino ma che, dopo l’abortito progetto di “scudo spaziale”, trovano conferma in alcuni cables resi noti da Wikileaks. I cablogrammi, partiti dalle ambasciate americane di Varsavia, Riga, Tallin e Vilnius, raccontano di un piano di difesa denominato Eagle Guardian. L’accordo di ieri, siglato da Bogdan Klich e Lee Feinstein, è un tassello di questo piano che si vorrebbe estendere anche ai Paesi baltici. A farne richiesta sarebbero stati proprio questi ultimi, spaventati dopo le simulazioni militari russe che avevano come obiettivo proprio Lituania, Lettonia ed Estonia.
Il timore dell’invasione russa è, prima che uno spauracchio militare, un tarlo psicologico per quei Paesi che, Polonia compresa, hanno pagato prezzi di sangue elevatissimi al vicino sovietico e, prima, zarista. I Paesi membri della Nato hanno diritto, secondo l’articolo 5 del Trattato Atlantico, a essere difesi dalle forze alleate in caso di attacco, e sia la Polonia che gli stati baltici (ancora molto sensibili alle minacce russe) si erano lamentati in passato che la sua applicazione non fosse abbastanza garantita da un cospicuo dispiegamento di forze militari.
Le simulazioni militari russe, da un lato, e le strategie di difesa atlantiche, dall’altro, testimoniano come il limes orientale della Nato (e dell’Europa) sia tutt’altro che tranquillo. Nello spostamento di armate e velivoli, flotte e missili, il risiko delle grandi potenze si gioca ancora una volta sopra la testa del vecchio continente che, privo di una propria difesa comune, non può che stare a guardare il prossimo lancio dei dadi sperando che le bombe non cadano proprio sul tetto di casa.
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