Un nuovo governo
I social-democratici ottengono la fiducia in parlamento e tornano alla guida del paese dopo un anno, malgrado gli scandali e la corruzione che portarono alle dimissioni del precedente esecutivo socialista guidato da Victor Ponta. Il nuovo primo ministro è Sorin Grindeanu, classe 1973, già ministro delle Comunicazioni. Nella lista dei ministri, spicca il nome di Sevil Shaideh, donna di origine tatara e fede musulmana, che diventa vice premier. Il partito l’aveva indicata come primo ministro ma il presidente della Repubblica non aveva gradito, rifiutando di assegnarle l’incarico. Si è così giunti alla nomina di Grindeanu che, tuttavia, non si scrolla di dosso il sospetto di essere una marionetta nelle mani di Liviu Dragnea, leader del partito socialista, il quale non ha potuto ricoprire personalmente la carica di primo ministro a causa di una condanna per frode elettorale.
Il parlamento ha espresso 295 voti a favore e 133 contrari. Come previsto, i socialisti governeranno insieme ai liberali dell’ALDE.
Il presidente Iohannis si è rivolto al nuovo esecutivo con un appello, ribadendo la necessità di rinsaldare i legami della Romania con l’Unione Europea e la NATO.
La distanza tra politica e opinione pubblica
Si chiude così un passaggio politico iniziato con le elezioni dell’11 dicembre scorso. Tuttavia il nuovo governo appare debole e molto più vicino al palazzo che alle esigenze dei cittadini i quali, non è da escludere, potrebbero presto ricorrere nuovamente alla piazza per far sentire la loro voce, come fanno da almeno cinque anni.
La politica romena segna il passo rispetto all’opinione pubblica, mostrandosi arroccata su posizioni di potere troppo spesso utilizzate per fini personali da parte di politici indifferenti o, peggio, corrotti. I romeni hanno più volte dimostrato la loro volontà di cambiamento ma non è ancora emerso, dalla società civile, un gruppo politico capace di tradurre le esigenze dei cittadini. La vittoria de socialisti si deve quindi alla mancanza di alternative. Come ovunque, si vota quel che c’è, in attesa che emergano forze politiche nuove.
Il partito di Nicusor Dan, matematico e attivista, dall’altisonante nome “Unione per la Salvezza della Romania” non ha convinto gli elettori: troppo populista e forcaiolo per essere una valida alternativa di governo. La società romena dovrà ora metabolizzare cinque anni di proteste e manifestazioni, sempre trasversali per età e ceto sociale, producendo un gruppo politico capace di rompere il soffitto di cristallo della politica nazionale, affermandosi come forza responsabile e, per una volta, realmente interessata al benessere del paese.
E’ una speranza, ma anche una necessaria prova di maturità per la società romena, finalmente uscita dalle secche del demi-regime di Basescu. Ci vorrà tempo, ma le premesse ci sono tutte anche se potrebbero non essere sufficienti.
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foto Channel NewsAsia / Grindeanu e Dragnea