Il presidente della Romania, Klaus Iohannis, ha bocciato la candidatura a primo ministro di Sevil Shhaideh, donna di origini tatare e fede musulmana. Il presidente non ha fornito dettagli in merito alla sua decisione che, tuttavia, sorprende: non c’erano motivi politici nel rifiutare la candidatura della Shhaideh, che aveva fin qui ricoperto limitati incarichi politici ed era rimasta lontana dalla ruberie della capitale.
Il suo profilo tecnico e la formazione da economista deponevano a favore della nomina ma, contro ogni aspettativa, Iohannis ha detto “no“. Può avere pesato, sulla decisione del presidente, il passato del marito, ricco uomo d’affari siriano che si vocifera essere stato un sodale di al-Assad. Alcuni esponenti politici liberali avevano già espresso, nei giorni scorsi, la propria contrarietà alla nomina della Shhaideh colpevole – ancor prima di aver commesso qualsiasi colpa – di “tradimento” in quanto il suo matrimonio esporrebbe il paese a pericoli ignoti ma provenienti dal mondo musulmano. E’ quanto ha sostenuto Catalin Predoiu, già ministro della Giustizia, affermando che se la Shhaideh “arrivasse a formare un governo, avrebbe accesso a informazioni altamente riservate e a segreti militari dell’intera Nato, non solo romeni”.
E’ anche possibile che Iohannis non volesse nominare una persona così vicina a Liviu Dragnea, leader del partito socialista, uscito vincitore dalle urne, ma impossibilitato a ricoprire la carica di primo ministro a causa di una condanna per frode elettorale. La Romania si trova adesso nella paralisi politica.
Toccherà a Dragnea esprimere un nuovo candidato, oppure il presidente si rivolgerà all’opposizione liberale, di cui è egli stesso un esponente? All’orizzonte si profila anche un nuovo ricorso alle urne, extrema ratio dopo che le ultime elezioni si sono tenute solo l’11 dicembre scorso.