Notte prima di Natale è uno dei racconti più famosi di Gogol’. Apparso nella prima raccolta pubblicata dallo scrittore, Veglie presso la fattoria di Dikan’ka, affonda le sue radici nelle tradizioni della Piccola Russia, mescolando in modo irresistibile elemento fantastico e racconto popolare. La madre del fabbro Vakula, Solokha, è una strega che vola a cavallo di una scopa e che flirta disinvoltamente con le autorità civili e religiose del villaggio oltre che con un demone. Quest’ultimo, la sera della vigilia, nasconde la luna nella borsa per poter avere campo libero per le sue macchinazioni.
Una storia d’amore molto “melodrammatica”
In questo mescolarsi di ironia, fantastico e comicità, il povero Vakula è innamorato della bella del paese, Oksana. Questa, per scherno, promette di sposarlo nel caso egli riesca a portarle gli stivaletti della zarina. Vakula, trovatosi per caso l’amante-demone della madre in un sacco, riesce a soggiogarlo e a farsi portare in volo al cospetto della zarina. Inutile dire come va a finire la vicenda.
Čajkovskij si è accostato a Gogol’ quasi casualmente, sebbene ne conoscesse il racconto sin dall’infanzia: l’opera Vakula il Fabbro non ebbe tuttavia il successo sperato. Una decina di anni dopo, nel 1885, revisionò la composizione, mettendola in scena nel gennaio 1887 con il titolo Gli stivaletti, ottenendo stavolta un grande successo.
Come prevedibile, il compositore si trova straordinariamente a suo agio con le atmosfere fiabesche. Le melodie di origine folclorica, molto più presenti che nei balletti, fanno da sfondo alla storia dei due personaggi principali, Oksana e Vakula, su cui il compositore concentra molte delle sue forze. Memorabile l’assolo di Vakula nel cuore della foresta fatata accompagnato dal clarinetto. Non sono secondarie le descrizioni del paesaggio ucraino, della notte magica e demoniaca del solstizio d’inverno oltre che i corali natalizi, simili alle colinde romene, che vengono affettuosamente rievocati dal compositore. La partitura ha un colore misterioso e notturno e centra perfettamente lo spirito gogoliano: il compositore conosce molto bene il valore simbolico delle notti più lunghe dell’anno per le millenarie tradizioni popolari.
Lo Schiaccianoci: l’incontro tra Hoffmann e la fiaba russa
La fonte dello Schiaccianoci è un racconto gotico di Hoffman anche se il libretto è tratto da una rivisitazione di Dumas padre, più ironica e lieve rispetto all’originale del tedesco.
Il balletto è organizzato in due atti molto diversi tra loro. Il primo descrive i festeggiamenti della notte di Natale in una famiglia borghese con una serie di balli di origine occidentale, spesso di atmosfera neoclassica e mozartiana. Durante la distribuzione dei doni la piccola Clara riceve uno schiaccianoci meccanico dallo zio inventore.
A metà del primo atto, allo scoccare della mezzanotte, iniziano gli incantesimi: lo Schiaccianoci prende vita e combatte una memorabile battaglia contro il re dei topi. Ha inizio il viaggio di Clara e del pupazzo attraverso una tormenta di neve con destinazione la città fatata di Confitenburg. Qui ha luogo il celebre divertissement, ricco di danze esotiche (tra cui il magnifico Valzer dei fiori), seguito dall’impressionante passo a due tra lo Schiaccianoci e Clara (con la Danza della fata confetto); il balletto termina con un valzer trionfale.
Nonostante il successo i contemporanei provarono un certo disagio. Il lavoro sembra terminare in modo enigmatico senza un ritorno della protagonista dalla città fatata. L’astrazione delle danze non ha l’aspetto rassicurante dell’idillio ambientato in un paese di marzapane: Čajkovskij sembra intravedere nella notte natalizia sfumature sinistre. Artista ormai prossimo a una morte misteriosa, il musicista conosceva bene l’ambivalenza e la crudeltà del mondo delle fiabe: non potremmo ravvisare nella città di Confitenburg un mondo dove il tempo non esiste più e da cui, fatalmente, non si può più tornare?