CAUCASO: La via della seta correrà su rotaie, presto una ferrovia unirà la regione

di Elisa Todesco

Se è vero che il mondo è strutturato su molteplici poli, economici, politici e militari, è altrettanto vero che questi poli non sussistono come entità irrelate: che sia in maniera propositiva o conflittuale, i poli necessitano di essere collegati. E per collegare due enti distanti fra loro la risposta è da secoli sempre una: un ponte. E il ponte per eccellenza fra l’Est e l’Ovest è il Caucaso.

Dalla via della Seta originaria, alla sua rivisitazione in chiave moderna offerta dalla Cina, il Caucaso rappresenta la chiave di volta delle relazioni fra le due culture. Geograficamente al confine fra oriente e occidente, questa caratteristica di dualità si è riversata anche sulle popolazioni locali: cristiani e musulmani, modus vivendi occidentale e orientale si fondono e si scontrano in quel quadrato di terra occupato oggi dai tre stati ex-sovietici, Georgia, Armenia e Azerbaijan.

Il Caucaso è il ponte che unisce l’Europa e l’Asia, la Russia e il Medio-Oriente, i giganti economici e i produttori delle materie prime energetiche, e che connette complessivamente il 70% della popolazione mondiale, il 75% delle risorse energetiche e il 70% del PIL.

Questo ponte si sta dotando dei mezzi di trasporto necessari a espletare la propria funzione: è in procinto di completamento il collegamento ferroviario noto come “BTK Railway“,che connetterà Baku (Azerbaijan), Tbilisi (Georgia) e Kars (Turchia).

Il nuovo tratto ferroviario (complessivamente 826 km) collegherà la sponda azera del Mar Caspio alla Turchia, configurandosi quindi come snodo ferroviario fondamentale che permetta di unire le linee europee e turche alla nuova Via della Seta progettata dai cinesi. Questa nuova linea ferroviaria permetterebbe di collegare il continente euroasiatico da un capo all’altro in meno di 15 giorni, garantendo che le merci e la fornitura di energia vengano mosse in tempi molto più brevi, e con un impatto ambientale più contenuto rispetto al tradizionale spostamento via mare o gomma, bypassando completamente la Russia.

Il progetto, che giungerà al termine nel 2017, è frutto di un accordo trilaterale fra Turchia, Georgia e Azerbaijan occorso nel 2007 a Tbilisi, durante il quale i tre paesi decisero di cooperare per unire culturalmente e fisicamente l’est e l’ovest. Le ricadute positive sono molte ed evidenti, ma altrettanto chiare risultano anche i risvolti negativi. Infatti, sebbene la nuova ferrovia TBK si proponga di unire pacificamente e attraverso la cooperazione una delle aree più instabili al mondo, la volontaria esclusione dell’Armenia dal progetto è una pericolosa miccia pronta a far saltare in aria la polveriera della zona di “instabilità controllata” che la Russia finora aveva manovrato senza considerare la Turchia.

La prima idea di un collegamento BTK venne proposta nel 1993 dalla Turchia, dopo che Ankara chiuse la linea che collegava Kars a Gumru, in Armenia, come reazione al conflitto in Nagorno-Karabagh (la posizione apertamente filo-azera della Turchia non è un segreto).

Inoltre, anche la lontananza ideologica e geopolitica fra gli unici due paesi cristiani della regione, appunto  Georgia e Armenia, non ha fatto altro che allargare una ferita che ha determinato l’esclusione e l’isolamento dell’Armenia. Questa lontananza è stata inoltre foraggiata a distanza da Ankara (sostenitrice di Tbilisi economicamente e con truppe sul terreno, data la vicinanza fra la Georgia e la Nato) e Mosca (che sostiene l’Armenia).

Se le parole che corrono da un capo all’altro del Caucaso sono infarcite di collaborazione e rispetto reciproco, i fatti narrano la storia di un conflitto in divenire, sostenuto strutturalmente dall’esclusione, e non sarà certo la creazione di un’appendice armena della ferrovia TBK a salvare i rapporti.

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