“Per la minoranza russa in Estonia si annuncia un “disgelo”: è con un leggero ottimismo che la testata russa Vzgliad commenta l’arrivo al governo in Estonia di una nuova maggioranza che mostrerebbe un approccio più diplomatico verso le spinose questioni riguardanti la significativa presenza russofona nel paese. Dopo il voto di sfiducia e le dimissioni del premier Taavi Roivas, questo mercoledì 23 novembre Juri Ratas, ex sindaco di Tallinn, si è insediato al Parlamento a capo di un governo di coalizione composto dal Partito di Centro, dai Social-democratici e dal partito conservatore IRL (Unione Pro Patria e Res Publica).
Il Partito di Centro estone, di cui Ratas è diventato leader a inizio novembre, è sostenuto in larga maggioranza dalla popolazione russofona del paese ed è stato a lungo escluso dal governo a causa dei suoi rapporti col partito Russia Unita di Vladimir Putin. Sebbene la nuova coalizione sembri mantenere la linea dura sui rapporti con Mosca, si preannunciano delle novità a livello di politica interna. Già nel corso delle trattative per la formazione del governo, alcuni temi caldi per la minoranza russofona quali l’educazione, la cittadinanza e l’integrazione sono stati al centro dei dibattiti tra i tre partiti.
Tra le prime proposte fatte dal nuovo governo spicca la possibilità per i licei russi di Tallinn e Narva (città al confine con la Russia, popolata in maggioranza da russofoni) di ripristinare il russo come lingua principale dell’insegnamento. La legge sull’educazione del 1993, tutt’ora in vigore, aveva infatti attuato una transizione verso l’insegnamento in lingua estone nelle scuole della minoranza, diminuendo progressivamente la quantità dei corsi tenuti in lingua russa. Dal 2000, gli studenti frequentano il 60% dei corsi in estone, e il restante 40% in russo. La stessa proporzione è osservata nelle scuole russe della vicina Lettonia, dove si teme che una nuova riforma dell’educazione (finora solo evocata) riduca ulteriormente la percentuale di corsi in lingua russa dal settembre 2018. In Estonia, le polemiche legate all’insegnamento in russo si sono fatte sentire negli ultimi anni: dal 2010, un gruppo di organizzazioni non governative, la Russkaja Škola Estonii, sostiene il diritto all’educazione in lingua russa con tanto di ricorsi presentati a livello locale, nazionale e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma rivelatisi inefficaci.
Le dichiarazioni degli esponenti del nuovo governo sembrano dunque annunciare novità importanti, ma vanno prese con cautela. Infatti, nonostante le migliori intenzioni, un ritorno al pieno insegnamento superiore in lingua russa comporterebbe delle difficoltà e delle conseguenze discutibili. Innanzitutto, gli studenti non sarebbero esonerati dall’esame di maturità in estone, che richiede una conoscenza molto solida della lingua nazionale (livello C1).
L’aver completato l’educazione superiore nella propria lingua madre potrebbe quindi rivelarsi un’arma a doppio taglio per gli studenti russofoni, che si troverebbero svantaggiati nella futura carriera universitaria o lavorativa. Inoltre, le procedure che i licei in questione dovrebbero intraprendere per richiedere un ritorno all’insegnamento in lingua russa sarebbero particolarmente complicate. Per queste ragioni, non tutti i licei potenzialmente coinvolti dalla nuova iniziativa hanno reagito con entusiasmo: solo due scuole a Tallinn e una a Narva hanno dichiarato che opteranno per la reintroduzione del russo come lingua dell’insegnamento.
E’ ancora tutto da vedere se il nuovo governo riuscirà ad introdurre delle novità anche in materia di cittadinanza e a garantire i pieni diritti civili e sociali ai “non-cittadini” russofoni, che costituiscono tuttora il 6% della popolazione. Considerata la sensibilità delle questioni legate alla minoranza, e lo status quo che le caratterizza da venticinque anni, è certo che il nuovo premier Ratas dovrà gestire un delicato equilibrio per rimanere a capo del governo di coalizione senza perdere il sostegno dell’elettorato russofono.
Foto: Guillaume Speurt, Flickr