La Bulgaria ha votato per eleggere il presidente della repubblica e, con circa il 95% delle schede scrutinate, il ballottaggio sembra inevitabile. Il candidato socialista, Rumen Radev, è in testa con il 25,7% dei consensi, seguito a ruota da Tsetska Tsacheva, candidata del partito di governo, con il 22%. Il terzo incomodo, Krasimir Karakachanov, leader di “Patrioti Uniti”, coalizione di partiti ultra-nazionalisti, si ferma al 15%. La sorpresa è stata Veselin Mareshki, uomo d’affari che ha raccolto il 10% dei voti.
Il risultato della Tsacheva preoccupa il partito conservatore al governo, il GERB, che si attendeva una facile vittoria. Il partito, fondato da Boyko Borisov, “padrino” della politica bulgara, domina la scena pubblica del paese da più di un decennio. Le proteste dello scorso anno costrinsero Borisov a dimettersi da primo ministro, ma egli ha continuato a guidare il partito, e il governo, da dietro le quinte. La macchina politica del GERB, capace di una grande penetrazione nella società bulgara, sembrava non dovesse conoscere arresti. La vittoria della Tsacheva doveva servire da traino alle prossime elezioni parlamentari e, in prospettiva, a una candidatura dello stesso Borisov alla presidenza. Il successo di Rumen Radev in questo primo turno, mette in discussione questo piano.
Radev, generale dell’esercito, incarna l’ideale dell’uomo forte e integerrimo. I cittadini bulgari, stanchi della cleptocrazia del GERB, potrebbero decidere di affidare a lui la guida del paese. Ma il ballottaggio, previsto per il 13 novembre prossimo, potrebbe ribaltare la situazione.