di Matteo Zola
Leggi anche: Tre giorni di proteste contro Saakashvili. Il Cremlino si frega le mani
Doveva essere la rivoluzione, anzi la controrivoluzione che avrebbe spodestato il presidente Mikhail Saakashvili, ma è stato un buco nell’acqua. Dopo tre gioni di proteste, sempre più violente e sempre meno condivise dalla popolazione, l’opposizione guidata dalla signora Nino Bourdjanadze ha dovuto ammettere l’insuccesso. Delle 50 mila persone attese in piazza, sono state solo 10 mila a manifestare. Il secondo e il terzo giorno di proteste si sono ridotti a 4 mila. Cifre che non consentono in putsh politico che la signora Bourdjanadze auspicava, e dietro il quale i maligni già vedevano la mano del Cremlino.
“Non ci vorrà molto per rovesciare Saakashvili” aveva dichiarato la Bourdzhanadze, ex figura di punta della Rivoluzione delle rose, che nel 2003 portò Saakashvili al potere. Ma ha dovuto mangiarsi la bombetta. Le ragioni dell’insuccesso sono dovute sia all’affievolirsi della carica ideale che già in passato portò migliaia di persone in piazza, sia per la consapevolezza che se Saakashvili non è il “buon governo”, ebbene, non lo è nemmeno l’opposizione. L’equazione cattivo governo uguale cattiva opposizione vale a tutte le latitudini.
C’è poi l’aspetto personale, come scrive Tengiz Ablotia su Osservatorio Balcani e Caucaso, la signora Bourdzhanadze non piace alla gente: troppi gioielli e macchine di lusso, troppi legami con il passato regime comunista. E troppo violenta. L’intenzione di istituire milizie semi-armate (qualunque cosa voglia dire) ha spaventato la popolazione. Così come non è piaciuta l’evidente tendenza filorussa.
Dopo questo ennesimo fallimento Saakashvili saprà uscirne, come in passato, ancora più forte? Possibile, quel che appare certo è che il cambio di governo non potrà più passare dalla piazza ma saranno necessarie proposte alternative di governo, nuove istanze politiche, che si muovano su canali maggiormente democratici.