Da BELGRADO – Milo Đukanović, padre e padrone del Montenegro, ha annunciato di volersi ritirare dalla posizione di primo ministro che, alternativamente a quella di presidente della repubblica dal 1998 al 2002, ha ricoperto dal 1991, quando iniziarono le guerre jugoslave.
La notizia è arrivata all’indomani delle elezioni parlamentari montenegrine, che hanno visto la vittoria del suo partito, il Partito Democratico dei Socialisti (DPS), con oltre il 41% delle preferenze.
In qualità di leader del partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti, a Đukanović spettava il diritto di costituire la formazione di governo. La funzione di mandatario è stata invece trasmessa a Duško Marković, altra figura di spicco del DPS, nonché braccio destro dello stesso Đukanović. Il nuovo governo sarà annunciato entro il 15 novembre e dovrebbe presentare la coalizione tra DPS, socialdemocratici e i partiti delle minoranze albanese e bosgnacca.
E’ la terza volta in dieci anni che Đukanović dichiara di lasciare tutte le funzioni statali. La prima volta era successo nel 2006, scelta motivata dalla necessità di “fare spazio ad individui forti e capaci e non dal desiderio di fare politica in modo segreto”. Nel 2010, invece, Milo lasciò il potere per “questioni private”. Fu in quel periodo infatti che emersero i problemi passati con la legge da Đukanović, in particolare per l’accusa da parte delle autorità italiane di contrabbando di sigarette.
In entrambi i casi, si trattò di decisioni non definitive, tornando infatti a governare entrambe le volte dopo una pausa di due anni, con la motivazione che la scena politica montenegrina necessitava della sua lunga esperienza politica.
Se si escludono queste due parentesi, infatti, Milo Đukanović ha governato ininterrottamente dal 1991, quando a soli 29 anni divenne il più giovane primo ministro d’Europa. La domanda che sorge spontanea è se non si tratti anche questa volta di una decisione temporanea.
Al momento, non sono state rilasciate dichiarazioni ufficiali circa le ragioni di questa scelta, il che non fa che confermare l’opacità che ha caratterizzato questa tornata elettorale in Montenegro.
Nei giorni successivi al voto, infatti, la procura di Podgorica aveva fatto sapere di aver arrestato un gruppo armato di 20 persone, tutti con passaporto serbo, che aveva l’obbiettivo di “arrestare Đukanović e fare un colpo di stato”. La procura ha definito come “terroristico” lo scopo di questa azione, che sarebbe stata organizzata da Branislav Dikić, ex capo di un’unità speciale della polizia serba. Tuttavia, anche questo episodio è rimasto poco chiaro e l’opposizione parlamentare montenegrina ha accusato Đukanović di aver architettato questa messinscena, probabilmente per risultare come un “martire” della scena politica del paese.
A sostegno di questi dubbi c’è il fatto che le autorità montenegrine non abbiano tenuto informati i vertici della NATO, alleanza di cui il Montenegro si appresta a divenire parte. Considerata la gravità che un tentato colpo di stato rappresenta, ci si chiede come mai la NATO non sia stata allertata circa la situazione.
Mentre le indagini circa questo episodio sono ancora in corso, pare che sia proprio l’adesione del Montenegro all’alleanza atlantica a fornire elementi in grado di interpretare la decisione di Đukanović di ritirarsi.
Dragan Đukanović, analista del Centro di Ricerca per la Politica Estera di Belgrado, non crede che si tratti di una pressione esercitata dall’Occidente, ma piuttosto che la dipartita di Milo Đukanović possa invogliare alcuni dei partiti dell’opposizione ad allargare la maggioranza necessaria al governo per legittimare il processo di integrazione alla NATO con un largo consenso all’interno del parlamento di Podgorica.
Ad ogni modo, continua l’analista, non abbiamo a che fare con la fine della carriera politica di Milo. In tutta probabilità, infatti, c’è da aspettarsi che questi tornerà a dominare la scena politica montenegrina nel 2018, questa volta candidandosi alle elezioni di presidente della repubblica.