Da BRESLAVIA – L’11 novembre, in Polonia, si festeggia l’indipendenza raggiunta nel 1918, dopo che le tre spartizioni (1772, 1793, 1795) ad opera dell’Impero russo, della Prussia e dell’Austria, ne comportarono l’inesistenza dalle cartine geografiche per più di 120 anni. Oltre alle cerimonie ufficiali, negli ultimi anni si tengono anche manifestazioni organizzate dalle frange nazionaliste e ultra-nazionaliste polacche, che si sono spesso rese protagoniste di duri scontri con le forze dell’ordine, specie nella capitale Varsavia. Per questa ragione, Facebook ha provveduto a bloccare ed eliminare tutti gli eventi correlati a manifestazioni di questo stampo, scatenando l’ira sia dei manifestanti che del vice ministro della giustizia Patryk Jaki, che ha considerato questa decisione “scandalosa”.
Le due manifestazioni
La città di Wrocław è stata teatro di due manifestazioni: la prima, che ha visto sfilare comuni cittadini, associazioni, scuole e militari, si è tenuta pacificamente al mattino; la seconda, invece, è stata quella destinata a far discutere. Il corteo ultra-nazionalista, partendo alle ore 17 dalla stazione centrale, è giunto in piazza al grido di “Contro l’occupazione di Bruxelles”. Lo scorso anno gli organizzatori, il Partito della rinascita nazionale polacca (Narodowe Odrodzenie Polski, NOP) e gli ultras della squadra di calcio locale, lo Śląsk Wrocław, avevano riportato circa 10.000 partecipanti alla manifestazione.
Quest’anno circa 5.000 persone hanno attraversato la città inframezzando cori contro l’Unione Europea, i comunisti, la Merkel, e gli ebrei, ad altri di carattere patriottico e filo-cattolico. Alla fine del corteo sono state bruciate bandiere dell’Unione Europea e dell’UPA (Esercito insurrezionale ucraino), e un giornalista di Gazeta Wyborcza è stato aggredito.
Che Polonia vogliono i nazionalisti?
Se per molti il giorno dell’indipendenza è un normale giorno di festa, gli ultra-nazionalisti lo legano a un significato politico ben preciso: il desiderio di una Polonia mono-culturale, cattolica e legata alle tradizioni. Un paese avulso da condizionamenti a dire loro immorali e anti-cristiani come l’Islam, o “contro natura” come l’omosessualità.
Contrari all’Unione Europea, alla NATO, e agli Stati Uniti, considerati degli occupanti, questi gruppi nazionalisti non muovono però alcuna critica costruttiva verso gli organismi a loro antagonisti, specie quelli europei, limitandosi a reputarli il frutto di un progetto “giudaico” volto a cancellare l’identità cristiana accogliendo migliaia di “infedeli” dal Medio Oriente. La Merkel e la comunità ebraica sarebbero parte di questo piano che – a detta loro – nasconderebbe, dietro l’accoglienza e la tolleranza, il reale disegno di cancellazione della “razza bianca cristiana”.
Il nazionalismo nel mondo globalizzato
Ha ancora senso parlare di nazionalismo ai giorni nostri? Per i polacchi, sì. O, quantomeno, per parte di loro. Il nazionalismo, tuttavia, appare oggi come un’utopia difficilmente realizzabile. Gli interessi nazionali dei singoli stati sono intrecciati tra di loro, e la paura polacca dell’aggressività russa, specie dopo i fatti ucraini, non può essere trattata senza chiamare in causa le istituzioni europee e quella atlantica. La NATO, infatti, è la reale difesa contro qualsiasi velleità russa di espansionismo. Bisogna però precisare che l’espansionismo di Mosca appare improbabile, in quanto scatenerebbe una vera e propria guerra globale tra la Russia e la NATO. Tuttavia, la recente militarizzazione dell’Europa centro-orientale ha la funzione di deterrente. Immaginare quindi una Polonia al di fuori di qualsiasi istituzione comunitaria e atlantica sembra appartenere più alla fantapolitica che alla realtà dei fatti.