Vittima di una lunga crisi economica e politica, e divisa tra partiti filo-russi e filo-europei, la Moldavia si trova ad eleggere il presidente della repubblica. Un’elezione decisiva per il futuro del paese.
Domenica 30 ottobre i cittadini della Repubblica di Moldavia saranno chiamati, per la prima volta dopo 16 anni, a votare direttamente per l’elezione del proprio presidente. Nel 2000 un emendamento costituzionale aveva modificato le modalità di nomina della massima carica di Stato, sancendo che questi dovessi essere eletto dal parlamento a maggioranza qualificata. Tuttavia, la Corte costituzionale ha quest’anno dichiarato l’incostituzionalità di tale norma, reintroducendo di fatto l’elezione diretta.
La campagna elettorale ha preso il via il 30 luglio scorso, ma tra le decine di candidati, solo due sembrano avere reali possibilità di vittoria.
Igor Dodon, l’uomo di Mosca?
Il grande favorito è Igor Dodon, leader del partito socialista, in testa nei sondaggi col quasi il 30% dei consensi. Dodon è stato capace di raccogliere il malcontento del paese, attirando gli insoddisfatti e puntando il dito contro il governo “europeista”. Difensore dei valori tradizionali, si oppone a quella che definisce “la propaganda gay”, e invoca una politica estera più vicina a Mosca.
Estremamente critico verso l’Unione Europea, Dodon è noto per la sua vicinanza a Vladimir Putin, con il quale si fece ritrarre nei manifesti elettorali del 2014. Forte del mandato popolare, in caso di vittoria potrà riallineare il paese nell’orbita di Mosca, favorito dalla debolezza e dall’insuccesso dei governi “europeisti”, composti da partiti liberali travolti da scandali e corruzione.
La coalizione europeista, malgrado l’Accordo di associazione siglato con l’UE, non ha saputo portare il paese fuori dalla crisi, dando vita a esecutivi instabili e litigiosi. Dodon si propone come l’uomo forte, capace di mettere ordine nel paese, e non nasconde le sue intenzioni: allontanare la Moldavia dall’UE e impedire in ogni modo l’annessione alla Romania.
Un’annessione che è diventata per molti moldavi l’unica via d’uscita dalla cleptocrazia imperante. Il fallimento delle proteste per il “furto del secolo” – un episodio di corruzione politica che costò un miliardo di dollari di alle casse dello stato – ha convinto molti cittadini dell’impossibilità di riformare il paese.
La riunificazione con Romania, di cui la Moldavia è stata storicamente parte, segnerebbe per i moldavi l’immediato accesso all’UE e alla Nato. Per questo Igor Dodon ha subito dichiarato che, in caso di vittoria, metterà fuori legge il movimento per la riunificazione, visto da Mosca come una minaccia ai suoi interessi nella regione. Dodon promette, in cambio, di risolvere il problema della Transnistria, repubblica separatista controllata da Mosca.
Maia Sandu, una donna “nuova”?
Maia Sandu occupa, con molto distacco, il secondo posto nei sondaggi. Già ministro dell’Educazione dal 2012 al 2015, Sandu lanciò lo scorso dicembre una piattaforma indipendente poi trasformata nel partito liberale Azione e Solidarietà. Sul suo gradimento pesa notevolmente il legame con quei partiti oggi accusati di corruzione a cattiva amministrazione. Tuttavia sembra essere riuscita, almeno in parte, nello sforzo di plasmare la propria immagine intorno a criteri di freschezza, innovazione e assoluta alterità con ciò che di marcio e corrotto c’è nello status quo.
Nel caso che la Sandu acceda al ballottaggio, i sondaggi la danno sempre vincitrice ad eccezione di uno scontro diretto con Dodon, grande favorito di questa elezione. Solo un’alleanza tra la Sandu e Andrei Nastase, leader della piattaforma “Verità e Dignità”, protagonista delle proteste di piazza del 2015, potrebbe mantenere il potere nell’alveo “europeista”.
Tra Russia ed Europa
La posta in palio in queste elezioni presidenziali non è soltanto politica, ma anche geopolitica – venendo le due dimensioni ad essere legate nella ricerca di supporto esterno da parte dei partiti, incapaci di fronteggiare da sé le instabilità interne al paese. L’uno e l’altro candidato incarnano due opposte visioni delle relazioni internazionali: filo-russo Dodon, filo-occidentale Sandu. Non risulta dunque difficile immaginare quali possano essere i due diversi corsi di politica estera che la Moldavia intraprenderebbe, in particolare riguardo all’integrazione con Bruxelles.
La vicinanza dell’Unione Europea ai traballanti governi succedutisi negli ultimi mesi, unitamente al monopolio informativo e retorico che Mosca esercita in Transnistria, sembrerebbero sancire vincente lo schieramento più vicino al Cremlino. Un risultato che potrebbe avere ripercussioni anche sulla vicina Ucraina. Tuttavia, quale che sarà il nuovo presidente, quel che è chiaro è che dovrà lavorare a fondo per ricostruire la fiducia pubblica nella classe politica e sanare i problemi, materiali e non, alla base del malcontento popolare.
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Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association ed è pubblicato anche su PECOB, Università di Bologna.