di Giacomo Danielli
La Turchia si sta avvicinando all’appuntamento elettorale, fissato per il prossimo 12 giugno. Anche se incentrata su temi soprattutto interni, la campagna elettorale ha segnato alcuni elementi di innovazione rispetto a quelle degli anni precedenti.
La “prima volta” del CHP
Quest’anno per la prima volta il CHP (il partito Kemalista all’opposizione) ha incentrato parte della sua campagna sulla questione Curda, una delle tematiche più scottanti e laceranti all’interno del Paese. Il leader del partito, Kemal Kılıçdaroğlu, ha tenuto diversi comizi nelle regioni sud-orientali a maggioranza Curda, primo fra i leader del moderno CHP.
Va rilevato come Kılıçdaroğlu, nonostante gli sforzi d’apertura durante la campagna svoltasi nell’est del Paese, abbia sostanzialmente tenuto toni molto più moderati e vicini alla tradizione nazional-kemalista del suo partito arringando le folle della Costa Egea, da sempre roccaforte per il suo partito.
I sondaggi sembrano mostrare un tendenziale apprezzamento per questa piccola “svolta sociale” del partito, attribuendogli il 25-30% dei consensi, risultato ancora lontano dal 40% previsto per il partito di Erdoğan, ma comunque migliore rispetto al 20% del 2007.
Il piano pluriennale di Erdoğan
Il premier uscente ha lanciato lo scorso 16 aprile la campagna del suo partito, presentando l’ambizioso progetto “Hedef 2023” (Obiettivo 2023-centenario della fondazione della Repubblica Turca). In campo economico, il progetto si pone l’obiettivo di triplicare il PIL globale, portando quello pro capite a 25.000$ annui, attraverso la creazione di nuovi poli industriali.
In tema di politica sociale vale la pena menzionare la proposta di abolizione dell’obbligo di leva nel servizio militare, così come l’intenzione di creare un nuovo piano di edilizia popolare che consenta alle giovani coppie sposate di accedere a mutui a tassi zero per l’acquisto della prima casa. La redazione di una nuova carta costituzionale dovrebbe essere, inoltre, una delle prime mosse concrete del probabile terzo governo Erdoğan.
Il faraonico progetto di creazione di un canale ad ovest del Bosforo che permetta di azzerare il costante e pericoloso traffico di petroliere e cargo nel centro di Istanbul è la ciliegina sulla torta del AKP, di forte sapore populistico.
Nazionalisti e Partito Curdo
Chi sembra soffrire, almeno stando alle rilevazioni statistiche delle intenzioni di voto, è l’ultra-nazionalista MHP. Travolto a marzo da uno scandalo sessuale, ha dimostrato poi tutta la debolezza di una leadership, quella di Devlet Bahçeli, incapace di spostare le tematiche politiche dai ridondanti richiami nazionalistici. I sondaggi più recenti danno il partito di estrema destra pericolosamente attorno alla soglia di sbarramento del 10%.
Anche nelle prossime consultazioni il Partito Curdo BDP presenterà i propri candidati come indipendenti nei singoli collegi, per aggirare di fatto la quota di sbarramento. Nelle scorse settimane, un gruppo di circa 350 intellettuali Turchi, riuniti sotto il nome di “Blocco Laburista per la Democrazia e la Libertà” ha dichiarato di appoggiare i candidati del BDP per dare voce in parlamento alle istanze più radicali nella fase di redazione della nuova Costituzione.
La composizione interna del partito resta, però, assolutamente multiforme, con alcune posizioni che appoggiano le istanze secessioniste e la lotta armata. Uno dei volti più rappresentativi di questa frangia è quello di Leyla Zana, che pochi giorni fa ha invitato i genitori Curdi a non far apprendere il Turco ai loro figli, almeno fino ai 7 anni.
Ce n’è per tutti i gusti, insomma. Resta da stabilire quante di queste promesse verranno messe in pratica da una classe politica che, nel dopoguerra, si è sempre caratterizzata come una delle più immobiliste e populiste d’Europa, a parte alcuni risultati dei recenti governi Erdoğan, tralasciando qualsiasi valutazione di merito.