BALCANI: Che fine hanno fatto i migranti?

Un bambino nel filo spinato a Idomeni, Grecia 7 marzo 2016 (DIMITAR DILKOFF/AFP/Getty Images)

Il 2015 è stato l’anno della rotta balcanica. Più di un milione di migranti hanno attraversato i confini dei paesi balcanici per raggiungere l’Europa centrale, specialmente la Germania. Nel febbraio 2016, con la chiusura del confine greco-macedone, la penisola balcanica era stata sigillata impedendo la traversata a migliaia di persone. L’accampamento di Idomeni, luogo simbolo della tragicità delle guerre in Medio Oriente sul suolo europeo, era stato progressivamente smantellato. Ma la crisi dei rifugiati non è finita e ancora migliaia di persone tentano di attraversare le frontiere della ex-Jugoslavia.

Cooperazione anti-migranti

Per far fronte all’emergenza, la Macedonia ha richiesto l’aiuto dei paesi del Gruppo di Visegrád (V4), composto da Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia. Ovvero i principali paesi contrari alla redistribuzione voluta dal piano Junker per l’Europa. La cooperazione tra Skopje e i paesi del V4 si limita a un supporto logistico tra forze di polizia.

La collaborazione tra le forze di polizia era stata decisa già alla fine del 2015. L’anno scorso, infatti, la rotta balcanica era divenuta il luogo caldo delle migrazioni mondiali provenienti dal Medio Oriente. Una cooperazione che era già stata sperimentata sul confine serbo-ungherese e su quello sloveno-croato.

Dove passano i migranti?

Per eludere i controlli alle frontiere, se non direttamente il filo spinato, i migranti che ancora oggi vogliono attraversare la penisola balcanica sono costretti ad affidarsi alle mani degli sfruttatori o a rischiare la propria vita. La criminalità organizzata, infatti, sta guadagnando molto dal traffico di esseri umani. Dagli hotspot in Grecia è spesso impossibile fuggire, ma i trafficanti di uomini si prodigano per portare i migranti dalle isole alla terraferma ellenica, per poi far proseguire il viaggio a piedi verso il filo spinato di fabbricazione macedone.

Per evitare dunque di rimanere intrappolati in Grecia, la nuova rotta è quella bulgara. Dal confine turco-bulgaro le difficoltà di attraversamento non sono complesse come nei Balcani occidentali. Tuttavia, nel grande gioco del filo spinato, i migranti rischiano di trovarsi intrappolati nella penisola senza poterne uscire e rischiando di incontrare personaggi inquietanti. Un esempio sono i 61 migranti che attualmente si trovano bloccati, da otto mesi, a Tabanovce, sul confine serbo-macedoneAttualmente, l’unico punto di passaggio legale è quello sul confine serbo-ungherese, nei pressi dei varchi di frontiera di Horgoš e Kelebija. Attraversare il confine non è facile. Il governo ungherese, infatti, permette l’accesso a non più di 15 persone al giorno, e spesso queste persone vengono rispedite su territorio serbo.

Altri, invece, mettono a repentaglio la propria vita. Un gruppo di migranti, infatti, ha trascorso 19 ore agganciati sotto a un treno partendo dalla Grecia, destinazione Serbia. La tragicità della crisi migratoria si vede anche da questi eventi che si ripetono ciclicamente in ogni tratta e su ogni confine chiuso. La morte della profuga sul confino franco-italiano ne è l’esempio.

Diverse utopie

Secondo quanto riportato dall’agenzia europea Frontex, attualmente i migranti che hanno attraversato la penisola balcanica sono 121.712. Un numero sicuramente minore rispetto a quello dello scorso anno. La rotta balcanica non è definitivamente chiusa, ma non si può dire che il passaggio è libero. Nonostante abbia perso il referendum sulla redistribuzione delle quote, Orbán ha dichiarato che per risolvere la crisi dei profughi bisognerebbe optare per un nuovo piano. Questo prevede la costruzione di un grande campo profughi al di fuori dei confini europei, su un’isola o sulle coste nordafricane. Da qui, verrebbero analizzate le richieste di asilo senza accampare persone sui confini europei. La decisione finale spetterebbe ai singoli stati: chi vuole, accoglie. Ma la costruzione di un grande ghetto per profughi fuori dall’Europa è solo utopia, per ora.

Foto: Dimitar Dilkoff/AFP/Getty Images

 

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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