La Polonia riceve l’ennesima ammonizione da parte della Commissione di Venezia per intralcio al corretto funzionamento e all’indipendenza del Tribunale Costituzionale. Questo è quanto si legge nelle conclusioni dell’opinione espressa dall’organo consultivo del Consiglio d’Europa. Nonostante il governo abbia varato una nuova legge sul Tribunale Costituzionale lo scorso 22 luglio per cercare di superare la crisi costituzionale che affligge il paese quasi da un anno, le nuove disposizioni, alcune migliorative rispetto alle precedenti, sono comunque insufficienti al superamento dell’impasse.
Il parere della Commissione di Venezia
Non è la prima volta che la Commissione, presieduta dall’italiano Gianni Buquicchio, esprime le sue perplessità sulle manovre del governo che più volte hanno prevaricato il principio di separazione dei poteri. Lo aveva già fatto a marzo, interpellata dal ministro degli Affari Esteri, Witold Waszczykowski, quando si era già aperto il fronte con le istituzioni europee. In tutta la vicenda, l’esecutivo di Diritto e Giustizia (PiS), e soprattutto l’orditore Jarosław Kaczyński, hanno sempre accusato gli organi europei di interferenza, ma stavolta c’è una differenza non marginale: alla sessione plenaria di venerdì scorso, durante la quale è stato adottato il parere, non ha partecipato nessun rappresentate di governo, una scelta senza precedenti che sottintende il rifiuto del governo a collaborare, come poi esplicitamente comunicato dalla televisione polacca il giorno seguente. Nonostante l’opinione della Commissione non sia legalmente vincolante, è fuori di dubbio la sua autorevolezza e imparzialità, oltre che ruolo nella gestione di conflitti di questo tipo. Tra l’altro, sono le stesse raccomandazioni della Commissione Europea, rilasciate il 27 luglio, a prescrivere di tenere in piena considerazione il parere dell’organo.
Il braccio di ferro con l’Unione Europea
I carteggi tra il governo polacco e il vice-presidente della Commissione, Frans Timmermans, risalgono a fine 2015 ed hanno aperto un vero e proprio confronto senza precedenti: sotto l’egida del Rule of Law Mechanism, è stata lanciata la procedura pre-articolo 7 per indagare la sussistenza di minacce sistemiche alla stato di diritto. Delle tre fasi previste – valutazione, raccomandazione e follow-up – la Polonia si trova precisamente tra la seconda e la terza. Tuttavia, alla raccomandazione della Commissione il governo polacco fino ad ora non ha dato alcun seguito, continuando anzi ad allontanarsi da essa: non solo rigetta il parere dell’organo del Consiglio d’Europa, ma non ha ancora applicato (casi K 34/15 e K 35/15) e pubblicato (caso K 47/15), così come richiesto, le sentenze del Tribunale Costituzionale che – ricordiamo – hanno per loro natura carattere costituzionale. Inoltre, diversamente da quanto disposto, al Tribunale Costituzionale non è stato dato il tempo di verificare prima della sua entrata in vigore la costituzionalità delle nuova legge, poi dichiarata incostituzionale l’11 agosto (K 39/16, non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale).
I possibili scenari futuri
Manca meno di un mese per varare misure conformi ai dettami della Commissione Europea ma, visti i recenti sviluppi, è improbabile che qualcosa cambi. Non è difficile pensare che il governo intenda allungare quanto più possibile i tempi del conflitto, e giovarsi della scadenza del mandato di alcuni componenti del consesso, tra cui quello del presidente del Tribunale, previsto per il 19 dicembre. Una strategia, non priva di rischi, che potrebbe insabbiare definitivemente la crisi qualora l’UE non intendesse (o non avesse la forza) far uso dell’art. 7 del Trattato UE.