Da BUDAPEST – Esito nullo per il Referendum sulle quote in Ungheria, dove a votare sono stati appena il 43,42% degli elettori, poco più di 3 milioni di persone: troppo poco per raggiungere il quorum. Eppure per Viktor Orbán si tratta di una vittoria. Sui votanti i “No” sono stati attorno al 98%, con oltre 200mila schede nulle e pochissimi Sì. “La strada è ancora lunga, questo è il primo passo”. Esplode in applausi la “Balna”, l’edificio di vetro che da almeno due anni Fidesz, il partito al governo, ha scelto come teatro delle sue tappe importanti e dove Orbán in conferenza stampa ha commentato i risultati, nella tarda serata del 2 ottobre.
Conseguenze Così, se per alcuni il gioco è concluso – il referendum non è passato e la questione dell’emergenza migranti può rientrare – per Orbán è il momento di Bruxelles: è l’UE adesso a dover reagire a quanto scelto dal popolo ungherese. Dal canto suo Orbán afferma di voler comunque portare avanti la proposta di emendare la Costituzione dichiarando le quote “anticostituzionali”, idea che per altro non è farina del suo sacco. Viene infatti dalle menti dello Jobbik, il partito di estrema destra, il quale si è dichiarato sin da principio contrario al Referendum, sottolineando tuttavia che sarebbe bastato intervenire sulla Costituzione per mettersi al riparo dall’imposizione di accogliere quote obbligatorie di migranti. “La questione era Bruxelles o Budapest?” ha ripetuto Orbán durante il discorso, interpretando il risultato referendario come una chiara scelta: il suo popolo ha scelto Budapest.
Risultati In pratica hanno votato solo i sostenitori del “No”, contro un modesto 2% dei “Sì”. Ci sono stati inoltre gli elettori che hanno optato per la soluzione boicottaggio propagandata dal Partito del Cane a Due Code. Gli altri si sono astenuti. Una scelta che non sembra averli premiati. A Budapest il tasso di astensione è stato più alto, con il 34,5% di affluenza. Un dato facile da interpretare se si pensa che l’Ungheria è divisa in sostanza tra capitale e “campagna”, come gli stessi ungheresi chiamano nella loro lingua il resto del Paese. Nelle zone rurali e nei centri più piccoli la popolazione è più interessata dalle tematiche care al partito di Orbán. Vogliono sicurezza, lavoro, ordine e futuro per i loro figli: tutto ciò che, nella retorica del governo, è messo a rischio dal massiccio arrivo di migranti al confine ungherese.
Sulla tv nazionale la retorica anti-migranti ha fatto da sottofondo ai programmi televisivi della giornata di domenica e anche alle schermate sull’affluenza del Referendum. Orbán parla di un passo importante per le nuove generazioni, per la cultura ungherese. La stampa estera si chiede esterrefatta come un referendum nullo possa essere considerato una vittoria. Potere della comunicazione.
Foto MTI, Koszticsák Szilárd