Un piccolo passo verso la democrazia? Forse. In Bielorussia, dopo dodici anni, l’opposizione torna in Parlamento, controllato dal presidente Alexander Lukashenko e dai suoi alleati.
Le elezioni, che si sono svolte lo scorso 11 settembre, hanno consegnato due dei 110 seggi totali ad Hanna Kanapatskaya, del filo-occidentale Partito civile unito, e ad Alena Anisimun, un’indipendente dell’associazione non governativa Società per la lingua bielorussa.
“L’ultima dittatura d’Europa”
In quella che gli Stati Uniti hanno definito “l’ultima dittatura d’Europa” si tratta certamente di un risultato significativo, anche se le elezioni sono state ancora una volta dominate – come era prevedibile – dal partito del presidente bielorusso, in carica da 22 anni.
È dalla metà degli anni novanta che Lukashenko esercita un fortissimo controllo sui 10 milioni di abitanti dell’ex repubblica sovietica, dopo aver peraltro ampliato i propri poteri e aver indebolito la capacità del Parlamento di influenzare le sue decisioni politiche.
«Siamo, però, ancora molto distanti dal libero esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini bielorussi» fa notare Kent Harstedt, capo degli osservatori dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) inviati nel Paese per il controllo del regolare svolgimento del voto: «Non sono state elezioni libere e corrette – ha ammesso -. Si sono verificate numerose violazioni degli standard internazionali».
La crisi economica bielorussa
I seggi ottenuti dall’opposizione potrebbero allora essere interpretati – sottolineano alcuni analisti – come un tentativo di Lukashenko di migliorare i rapporti con i paesi occidentali, in un periodo di grande crisi per l’ex paese sovietico, fortemente indebolito dal crollo dell’economia dell’alleato russo. Quest’anno, la Bielorussia ha ottenuto 1,7 miliardi di euro di aiuti. Secondo la Commissione nazionale di statistica, nei primi 6 mesi del 2016, l’economia del paese è calata del 2,7 per cento.
Nel 2014, ospitando a Minsk le trattative per la risoluzione pacifica del conflitto tra Russia e Ucraina, Lukashenko aveva già dato inizio ad un progressivo riavvicinamento con l’Occidente. E come conseguenza, lo scorso febbraio, l’Unione europea ha deciso di cancellare le sanzioni contro 170 enti e personalità bielorussi, tra i quali figurava anche il presidente stesso.
Foto: da Twitter @BelarusVotes