Il 9 e il 10 settembre si sono incontrati ad Atene i leader politici e segretari agli Affari Europei di Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna. I sette paesi del Mediterraneo hanno concordato e firmato la Dichiarazione di Atene, una proposta articolata in cinque punti per ridare nuovo slancio al progetto europeo a seguito della Brexit.
La marginalità del Mediterraneo nelle politiche UE
Le problematiche comuni ai paesi del sud Europa e la vicinanza politica dei partiti al governo hanno portato il Premier ellenico Tsipras a organizzare ad Atene il primo summit dei paesi del Mediterraneo. I paesi dell’area faticano a uscire dalla stagnazione economica e sono generalmente afflitti dai più alti tassi di disoccupazione d’Europa.
Alla preoccupazione in campo economico, si è aggiunta quella per l’evidente marginalità del Mediterraneo e della questione migratoria nell’agenda UE. Per ridurre le morti in mare i paesi del Mediterraneo propongono di affrontare la gestione dei flussi migratori tramite un’azione esterna delle politiche comuni europee, che passi per il sostegno allo sviluppo e la stabilità dei paesi di provenienza.
La Dichiarazione di Atene
Nella dichiarazione sottoscritta dai sette stati si tratta in primo luogo la sicurezza interna ed esterna dell’UE, in linea con l’argomento principale del vertice informale di Bratislava. Si affronta anche l’argomento dell’attiva e continua cooperazione tra UE, Medio Oriente e paesi africani, per lo sviluppo e la stabilità di tutta l’area del Mediterraneo. Altri punti riguardano la politica economica europea e la necessità di rafforzare le misure per stimolare investimento e crescita. L’ultimo punto riguarda la sfida dell’immigrazione e dell’integrazione per contrastare la crescita dei populismi razzisti e xenofobi, contro i quali i paesi del Mediterraneo richiedono una posizione netta di non-tolleranza da parte dell’Europa in toto. Concretamente, la dichiarazione di Atene sottolinea la necessità di introdurre nel Regolamento di Dublino sul diritto d’asilo i principi di solidarietà e responsabilità dei membri UE verso gli stati d’arrivo.
Le reazioni al summit del Mediterraneo
L’incontro è stato prontamente liquidato come un tentativo del “lassismo” mediterraneo per strappare concessioni in termini di flessibilità finanziaria da parte del Ministro tedesco delle Finanze Schaeuble e dal Presidente del Partito Popolare Europeo Weber. Mentre altre personalità di nazionalità tedesca, come il commissario europeo alla digital economy Oettinger e l’europarlamentare Ferber si sono detti preoccupati di un’ulteriore divisione in seno all’Europa e della possibilità che i mediterranei possano organizzare un blocco di minoranza negli organi UE. Eventualità tutt’altro che scontata finora, considerato che la Francia aveva rifiutato a lungo di partecipare all’iniziativa di Atene.
Lo scontro si è quindi spostato nel Parlamento Europeo dove ha riguardato esclusivamente la politica economica dell’UE e gli accordi di maggioranza tra popolari e socialisti. In particolare, nel quadro delle federazioni europee si sono contrapposti il PD italiano e la CDU-CSU tedesca, con una certa attenzione verso le opinioni pubbliche nazionali e i prossimi appuntamenti elettorali.
La Dichiarazione di Atene ha riguardato solo in parte e indirettamente la “flessibilità di bilancio”, ma la reazione dei sostenitori del rigore alla riunione dei leader socialisti del sud ha monopolizzato il dibattito. Gli altri punti della cooperazione nel Mediterraneo, del rafforzamento delle politiche migratorie europee e della sfida all’intolleranza sono stati completamente oscurati. Nel vertice UE di Bratislava, il nucleo Francia-Germania si è preoccupato di proseguire sulla sicurezza comune e di arginare i disegni di Orban e del gruppo di Višegrad per depotenziare le istituzioni europee. Ad Atene i paesi del Mediterraneo si sono comunque impegnati a riunirsi una prossima volta in Portogallo.
Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.