Vienna potrebbe intentare un’azione legale contro l’Ungheria se quest’ultima rifiutasse di ricondurre sotto la propria autorità quei migranti che hanno attraversato il confine fra i due stati, come ha affermato il ministro degli interni austriaco, Wolfgang Sobotka.
«Gli stati o i gruppi di stati che infrangono la legge», ha commentato il ministro austriaco ai microfoni di Radio ORF, «devono attendersi conseguenze legali […] e in questo caso è dovere della repubblica austriaca avviare il procedimento».
Non è certo la prima volta che un simile comunicato viene emesso; poche settimane prima, il governo austriaco aveva già puntato il dito contro Budapest per aver permesso che un imprecisato numero di migranti entrasse nei territori sotto giurisdizione austriaca in spregio alle norme dell’Unione Europea (regolamento Dublino-3), secondo cui il primo stato UE di arrivo è responsabile a trattare le richieste di asilo.
La reazione ungherese
La risposta delle autorità ungheresi non è tardata ad arrivare; per bocca di un portavoce del governo guidato da Viktor Orbán, Budapest ha affermato che «l’Ungheria non può esser considerata responsabile per le conseguenze della condotta irresponsabile di altri stati membri dell’Unione – come Austria e Germania – che hanno violato le regole previste, o di altri paesi – come la Grecia – che hanno invece trascurato i propri doveri».
Al riguardo, il comunicato stampa emesso ha voluto porre l’attenzione sul fatto che proprio Germania e Austria, lo scorso autunno, spinsero moltissimi migranti, provenienti da paesi del Medio Oriente come l’Afghanistan, a varcare i propri confini e lì trovare asilo; tuttavia, nonostante le dichiarazioni iniziali, le autorità viennesi hanno da subito inasprito le regole previste per i richiedenti asilo, stabilendo una quota annua massima di richieste passibili di accettazione.
Proprio agli inizi di settembre, Vienna ha fatto sapere di aver preparato misure d’emergenza volte ad allontanare il flusso migratorio dai confini austriaci nel caso in cui il tetto annuale di 37.500 unità venga superato. Nel 2015, il numero di richieste d’asilo giunte nelle cancellerie austriache ammontava alla cifra record di 90.000 unità.
Quale scenario?
Si tratta di un provvedimento, come lo stesso Wolfgang Sobotka ha spiegato, volto a impedire che la sicurezza austriaca venga messa a rischio da un’improvvisa impennata del numero dei richiedenti asilo tale da provocare rallentamenti e problemi gestionali in seno all’apparato statale, aumentando la pressione sull’erogazione di pubblici servizi o in seguito all’incremento della criminalità generale.
Ad esprimere le proprie perplessità sul provvedimento fin da subito è arrivata la voce di Christoph Pinter, direttore austriaco dell’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; Pinter ha spiegato che «il decreto d’emergenza varato dall’Austria potrebbe infrangere ogni tabù sul tema, con l’effettiva scomparsa del diritto d’asilo nel paese».
Che si tratti di provvedimenti volti ad arginare l’ascesa dell’estrema destra in Austria è ormai un fatto consolidato; il giorno delle elezioni presidenziali si avvicina e, dagli ultimi sondaggi d’opinione, il candidato dell’FPO Norbert Hofer – la cui linea politica è dominata da euroscetticismo, prese di posizione anti-immigrati e oltranzismo anti-islamico – sembra già essere in vantaggio con il 52% delle preferenze, avendo di netto superato il rivale Alexander Van der Bellen, stabile al 48% ed espressione d’una linea più moderata.
Il voto, previsto entro la fine dell’anno, si accompagnerà al referendum ungherese fissato per il 2 ottobre, quando il popolo ungherese verrà chiamato a esprimere la propria preferenza in tema di redistribuzione dei migranti fra i paesi UE. L’Europa, insomma, fra poche settimane, rischia di svegliarsi in un’Unione completamente differente.