BOSNIA: Un gruppo di studenti sconfigge la segregazione scolastica

La proposta di creare una nuova scuola superiore a Jajce, nella Bosnia centrale, per i soli studenti bosgnacchi, implementando così il fenomeno delle “due scuole sotto un tetto”, ha creato un grande malcontento e riacceso il dibattito su uno degli aspetti più controversi del paese: il sistema educativo. Durante l’estate molti studenti si sono battuti contro il progetto, ritenuto a tutti gli effetti una forma di segregazione “su base etnica”. Ma hanno vinto loro, gli studenti, e questa settimana torneranno tra i banchi di scuola vittoriosi.

La notizia è esplosa a metà giugno, quando è stata resa nota la decisione dei delegati dell’assemblea del Cantone della Bosnia Centrale, di cui Jajce fa parte. Il progetto era quello di creare un nuovo istituto superiore che raggruppasse gli studenti bosgnacchi e seguisse il curriculum di studio bosniaco, smembrando le due maggiori scuole superiori della cittadina, precisamente la “Nikola Šop” e “Jajce”, entrambe miste ma basate su curriculum croato. La decisione è stata presa basandosi sulla legge a protezione delle identità nazionali della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, che garantisce la possibilità di studiare secondo il proprio curriculum nazionale: bosgnacco, croato o serbo. A differenziare i tre curricula, oltre alla lingua d’insegnamento, sono materie chiave come la storia, che presenta ancora fortissime differenze narrative, e la religione.

L’importanza politica di questa separazione appare quindi chiara: da una parte si continua a promuovere una divisione e contrapposizione nazionale tra le tre componenti nazionali del paese, e dall’altra si esclude completamente un eguale tutela delle numerose minoranze presenti nel territorio. Ma a risultare ancora più controverso della legge è la sua applicazione da vent’anni a questa parte, consolidatasi nel noto fenomeno delle “due scuole sotto un tetto”, di cui abbiamo scritto in passato. Il fenomeno delle “due scuole sotto un tetto” riguarda solo la scuola elementare e questa decisione l’avrebbe invece esteso anche per la scuola superiore.

La creazione di scuole mononazionali all’interno di un unico edificio poteva sembrare un’accettabile soluzione nell’immediato dopoguerra per permettere un riavvicinamento graduale tra i bambini (ma soprattutto tra i genitori), purché rimanesse temporanea e prevedesse una progettualità volta all’integrazione. Con il passare degli anni si è invece visto un crescente uso di questa prassi, che è diventata sempre più simile ad una segregazione etnica, non prevedendo alcun contatto tra i diversi studenti, tanto che nel 2014 è stata dichiarata illegale dalla Corte Suprema della Federazione.

La debolezza di questa sentenza è dimostrata non solo dalle numerose scuole superiori (più di 50) ancora oggi divise, ma anche dal fatto che ne possono nascere di nuove, come è quasi avvenuto a Jajce. A rappresentare una notevole differenza rispetto agli anni passati è invece il contesto politico e sociale che ha accolto la proposta: immediatamente dopo la comunicazione di quanto stabilito dall’assemblea cantonale si sono diffuse le proteste, specialmente da parte degli studenti delle due scuole coinvolte, che hanno rifiutato la divisione su base etnica e rigettato l’idea che questa possa rappresentare l’unica soluzione possibile per la cittadina, come invece era stato dichiarato da Elvedin Mušanović, un rappresentante del Partito d’Azione Democratica (SDA), il maggior partito bosgnacco. Il supporto agli studenti è arrivato da numerose associazioni che da anni si battono contro la prassi delle “due scuole sotto un tetto” e da molte organizzazioni europee, tra tutte l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OCSE) e l’Alto Rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina. A scagliarsi contro la decisione anche i rappresentanti del Partito Socialdemocratico del paese (SDP BiH), dichiaratosi completamente contrari a qualsiasi forma di segregazione. Secondo molti è però stato il supporto dei media a dare la spinta decisiva alle proteste: i maggiori media locali hanno infatti pubblicizzato le iniziative degli studenti, consentendo la diffusione della causa a livello nazionale ed internazionale.

Nonostante sia probabile che la decisione del Ministro dell’Educazione del Cantone di revocare il progetto sia dovuta alle imminenti elezioni e al teso clima di campagna elettorale, gli studenti di Jajce hanno vinto e sono pronti a tornare tutti  insieme, senza divisioni, tra i banchi di scuola. A rimanere sconfitto rimane invece il sistema educativo della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, da anni in attesa di una riforma sostanziale che permetta il superamento delle divisioni istituzionali e l’unificazione dei programmi scolastici.

(Foto:Hayat)

Chi è Silvia Trevisani

Nata nel nord-est italiano, vive e lavora tra Zagabria e Copenaghen. Possiede una laurea triennale in Studi Internazionali (Università di Trento) e una magistrale in Interdisciplinary research and studies on Eastern Europe (Università di Bologna). Appassionata di Balcani, interessata agli studi di genere e spaventata dai neofascismi, ne scrive per East Journal. Parla inglese, francese e, dopo una rakija, serbo-croato.

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