Il summit della NATO inizierà quest’oggi, nel primo pomeriggio, presso lo stadio nazionale di Varsavia, una città blindata per via delle misure di sicurezza in atto da lunedì in tutto il paese: restaurati i controlli alle frontiere, sospeso il traffico ai confini con l’Ucraina e Kaliningrad, e varata una nuova legge anti-terrorismo. Provvedimenti eccezionali che rimarranno in vigore fino al 2 agosto, una volta conclusa la Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Cracovia a fine mese. Allerta massima, dunque, per un summit che “arriva in un momento preciso per la nostra sicurezza. Con minacce e sfide provenienti da tutte le direzioni”, ha affermato il Segretario Generale Jens Stoltenberg durante la conferenza stampa tenutasi nel quartier generale NATO il 4 luglio.
Molti i punti da discutere e soprattutto le priorità da definire che si muovono principalmente lungo due direttrici, Nord e Sud. Se quest’ultima è seguita da paesi come l’Italia e la Turchia che guardano al Medio-Oriente e al Nord-Africa, sia per la minaccia terroristica che per la questione migratoria, i Paesi Baltici e la Polonia si muovono verso la prima, in funzione anti-russa. I tavoli saranno occupati da altre questioni spinose, l’Afganistan in primis, o strategiche come la Georgia, ma è stato lo stesso Segretario a svelare il cuore del summit pochi giorni fa: il rafforzamento della presenza militare NATO sul fianco orientale.
Il comportamento russo in Ucraina e l’annessione della Crimea hanno impensierito non poco i paesi all’estremità est dell’Alleanza che da allora cercano rassicurazioni sull’impegno congiunto degli alleati nel caso la storia dovesse ripetersi. Le ansie ruotano attorno alla potenziale evocazione dell’art.5 del Patto Atlantico, ovvero che una minaccia subita da un membro della Nato venga letta come una minaccia verso tutti i paesi NATO a prescindere dalla posizione geografica del malcapitato. Paure comprese dai vertici e esasperate dalla notizia che Putin avrebbe trasferito a Kaliningrad, enclave russa confinante con Polonia e Lituania, carri armati, nuove truppe e armi nucleari.
Non a caso, nel mese scorso, la NATO ha concluso una delle sue più grandi esercitazioni militari, l’Operazione Anakonda, dispiegando circa 30.000 uomini proprio sul suolo polacco. E in continuità con queste prove, bisognerà confermare la decisione (già presa) di impiegare quattro battaglioni militari multinazionali con comando a rotazione – circa 1000 unità cada uno –in Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia. Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Canada guideranno i primi.
Il messaggio politico da mandare a Mosca vuole essere forte ma non è detto che gli Alleati concordino in maniera unanime sulle modalità e l’intensità dell’impegno su questo fronte. Se il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier (per gioia del Cremlino) ha affermato che le esercitazioni a Est sono state da guerrafondai – insinuando ulteriori dubbi sull’unità d’intenti della NATO – la Polonia da parte sua non può che gioire del maggiore impegno alleato, da lungo tempo desiderato per potersi sentire non solo più sicura ma anche un membro a pieno titolo dello schieramento occidentale, come ricorda Bartosz Marcinkowski su New Eastern Europe.
La soddisfazione polacca, però, dipenderà anche dalla posizione che la NATO assumerà nei confronti dell’Ucraina: Varsavia non vuole altro che avvicinarla, come pubblicato nel programma presidenziale del gruppo Visegràd, per evitare che il rafforzamento ai confini orientali si tramuti nell’accettazione di una zona grigia alla mercé russa. Ma se un aspetto del genere non è negoziabile agli occhi di Putin, dello stesso parere è anche l’ex presidente Kwaśniewski, colui che ha guidato l’entrata della Polonia nell’Alleanza Nord-Atlantica e nell’UE, che suggerisce più cautela e meno ambizioni.
D’altro canto la Polonia non può nemmeno permettersi di arrivare ai ferri corti con il temuto vicino, almeno non in tempi brevi. La prima fornitura di gas liquefatto dal Qatar è arrivata agli inizi del dicembre scorso a Świnoujście, in Pomerania, ma occorrerà ancora qualche anno per diversificare il settore energetico e sganciarsi dalla dipendenza di gas e carbone proveniente dalla Russia. Certo è che i fastidi verso Mosca si sono fatti più intensi da quando il partito Diritto e Giustizia (PiS), notoriamente russofobo e pure anti-tedesco, è salito al potere e ha iniziato a rivendicare più spazio e importanza nell’area centro-orientale.
Il presidente Duda, infatti, subito dopo il suo insediamento, ha rispolverato un vecchio concetto del Generale Józef Piłsudski sviluppato tra le due guerre, l’Intermarium: un vago e ambiguo blocco di paesi dal Baltico fino al Mar Nero e l’Adriatico a guida polacca. Delirio di onnipotenza? Forse. Anche volendo, la Polonia non avrebbe la minima capacità politico-militare per una cooperazione di questo tipo che sarebbe a suo esclusivo vantaggio e finalizzata a bilanciare non solo la Russia ma anche la Germania, e quindi l’UE. E cosa ne ricaverebbero gli altri? Nulla. Poco più che sogni di gloria. La realtà si decide domani e se di strategie e partnership bisogna parlare gli occhi vanno puntati sull’asse UE-NATO.
Photo credit: Arkadiusz Dwulatek,