L’Abkhazia, piccola repubblica caucasica parzialmente riconosciuta dalla comunità internazionale ma rivendicata dalla Georgia, ha fatto sapere di non non essere intenzionata a proporre in futuro un referendum per un’eventuale annessione alla Russia, ribadendo – dopo essere stata chiamata in causa sull’argomento – la volontà di mantenere la propria indipendenza.
La discussione riguardante il destino dell’Abkhazia è nata in seguito alle dichiarazioni rilasciate recentemente dai vertici dell’Ossezia del Sud, l’altra repubblica secessionista dalla Georgia, i cui leader hanno annunciato di voler organizzare un referendum sull’annessione della regione alla Russia entro il 2017, dopo mesi passati a lanciare segnali a Mosca, la quale ha sempre cercato di evitare di affrontare l’argomento, salvo poi prendere atto della volontà di Tskhinvali.
Ma se da una parte gli osseti sembrano essere pronti a votare l’annessione alla Russia, come dichiarato dal loro presidente de facto Leonid Tibilov, dall’altra gli abkhazi non hanno mai dato l’impressione di volersi spingere fino a questo punto. Quasi in risposta alle dichiarazioni di Tibilov, i vertici dell’autoproclamata repubblica caucasica hanno infatti fatto sapere attraverso il primo ministro de facto Artur Mikvabia di non avere nessuna intenzione di promuovere a loro volta un referendum per l’annessione del paese alla Russia, né ora né in futuro. Secondo Mikvabia il consolidamento dei rapporti con Mosca è uno dei principali obiettivi dell’Abkhazia, a patto ovviamente che la Russia continui a garantire l’indipendenza del paese, ottenuta in seguito a una dura guerra con la Georgia all’inizio degli anni Novanta e per questo tanto cara agli stessi abkhazi.
Il primo ministro abkhazo ha poi evidenziato alcune differenze tra il proprio caso e quello osseto, ricordando che mentre gli osseti hanno il diritto di chiedere l’annessione alla Russia in quanto attualmente divisi tra l’Ossezia russa a nord e la regione di Tskhinvali a sud, gli abkhazi si trovano in una situazione differente, e nonostante gli intensi rapporti intrattenuti con Mosca Sukhumi non è interessata a valutare un’eventuale annessione.
Infatti, nonostante negli ultimi anni abbia rafforzato i propri rapporti con Mosca, allo stesso tempo l’Abkhazia è sempre stata attenta a preservare la propria – seppur parzialmente riconosciuta – indipendenza, al punto da emanare una serie di leggi mirate a contenere l’infuenza russa nella regione, come il divieto di comprare casa imposto ai cittadini stranieri, legge pensata per evitare una “colonizzazione” dell’Abkhazia ma criticata da più parti in quanto colpevole di ostacolare investimenti che potrebbero aiutare a risollevare la precaria economia locale.
Nonostante gli sforzi fatti per preservare la propria indipendenza, attualmente l’Abkhazia dipende fortemente dalla Russia sia dal punto di vista economico che militare. Negli ultimi anni per tenere in piedi l’economia del paese caucasico Mosca ha elargito una serie di cospicui finanziamenti (per il 2016 sono stati stanziati 100 milioni di dollari, circa la metà dell’intero bilancio dell’Abkhazia), affermandosi come principale nonché imprescindibile partner economico di Sukhumi. Riguardo invece al settore della sicurezza, i due paesi si sono accordati da tempo per creare uno spazio comune di difesa, e nell’ultimo anno Mosca ha provveduto ad aumentare la militarizzazione del confine abkhazo-georgiano. Attualmente la Russia mantiene in Abkhazia un totale di circa 5000 soldati, distribuiti tra le varie basi militari e i valichi di frontiera.
L’Abkhazia si è autoproclamata indipendente dalla Georgia nel 1992, nel bel mezzo di un sanguinoso conflitto terminato l’anno successivo con l’occupazione della regione da parte delle truppe separatiste abkhaze. Nel 2008, in seguito alla Seconda guerra in Ossezia del Sud, l’Abkhazia ha ottenuto il suo primo riconoscimento internazionale dalla Russia, al quale hanno poi fatto seguito quelli di Venezuela, Nicaragua e Nauru, oltre a quelli successivamente ritirati di Vanuatu e Tuvalu. Dal 2008 i rapporti con Mosca si sono fatti sempre più intensi, come dimostra il trattato d’integrazione firmato dai due paesi nel novembre 2014.