EURO 2016: L’espulsione di Aleksandr Shprygin, caso diplomatico tra Francia e Russia

Tra i protagonisti delle prime due settimane di Euro 2016 vi è un personaggio sconosciuto ai più fino a pochi giorni orsono: è Alexander Shprygin, il capo-tifoso russo che presiede l’associazione ufficiale Unione dei tifosi russi (nota in Russia con l’acronimo VOB). La vicenda che lo ha riguardato è la cartina di tornasole attraverso cui leggere, anche a ritroso nel tempo, sia l’intero universo del movimento hooligan russo e i suoi rapporti con la politica, sia le tensioni diplomatiche tra Francia e Russia, tradottesi in una ridda di espulsioni forzate, ritorni beffardi e compromessi assai labili.

Le reazioni russe ai fatti di Marsiglia

Il nome del quarantenne Aleksandr Shprygin, in gioventù tifoso di prima linea della Dinamo Mosca, compare per la prima volta sui media europei il 12 giugno, quando – all’indomani della battaglia campale di Marsiglia tra hooligan russi, inglesi e ultrà marsigliesi – afferma che i giornalisti hanno dato risalto eccessivo agli episodi di violenza e che la responsabilità dei fatti è da attribuirsi al comportamento dei tifosi inglesi.

Non è l’unico a fare quadrato in nome della comune nazionalità. Igor Lebedev, capogruppo del partito liberal-democratico russo alla Duma (la camera bassa del parlamento), scrive su Twitter di non scorgere alcun problema nel fatto che gruppi di tifosi si scontrino, concludendo con un “Ben fatto, ragazzi!”. Lebedev è figlio di Vladimir Žirinovskij, fondatore nel 1990 e tuttora leader del partito liberal-democratico: anche Žirinovskij prenderà le difese dei tifosi russi in un’intervista inserita sul profilo Twitter di Shprygin. In posizione più defilata il ministro dello sport Vitalij Mutko, pur’egli propenso a non assumere una posizione di confitto con la frangia più turbolenta della tifoseria, visti anche i legami tra il ministero e l’associazione dei tifosi ufficiali della nazionale. Quanto ai vertici politici massimi – leggasi Putin – le dichiarazioni di condanna si accompagnano a una sardonica osservazione: Putin non manca infatti di sottolineare come sia molto strano che duecento tifosi russi abbiano potuto avere la meglio su migliaia di inglesi. Acrobazia diplomatica, abile lettura dei fatti pro domo propria, velato compiacimento? Forse un po’ di tutto questo insieme.

Il fermo dei 43 tifosi e l’organizzazione della trasferta ufficiale

Tornando ai fatti: la mattina del 14 giugno il pullman della delegazione dell’Unione dei tifosi russi viene fermato dalla polizia francese. Appare singolare il tempismo della polizia locale che, tra le migliaia di tifosi russi, presceglie per le proprie verifiche quelli più vicini al fronte istituzionale. Sul pullman in partenza da Cannes per Lilla c’è la “crema” dell’associazione: insieme a Shprygin, altre 42 persone tra cui diversi leader di tifoserie (FK Orel, Rubin Kazan, Amkar Perm, Rotor Volgograd e altre ancora). L’organizzazione della trasferta di VOB non si era però limitata ai vertici dell’associazione: sul sito ufficiale erano comparsi inviti a partecipare alla trasferta europea utilizzando pullman gratuiti in partenza da Mosca o prenotandosi per il volo aereo di 220 posti organizzato congiuntamente dal ministero dello sport, dalla federcalcio russa e da VOB. Una conferma dell’esistenza di stretti legami, anche economici, tra politica e tifosi “ufficiali”.

La vicenda che segue è nota: dei 43 tifosi del pullman “principale” di VOB, tre vengono condannati per la partecipazione agli incidenti di Marsiglia e sono tuttora in carcere in Francia. Venti vengono rilasciati mentre altri venti, tra cui Shprygin, vengono trattenuti in un centro di detenzione in attesa della preannunciata espulsione. Un destino tripartito: in forza dell’accertamento di reali responsabilità o per non “scontentare” nessuno?

L’espulsione di Shprygin e le sue motivazioni

Il 15 giugno viene emesso il provvedimento di espulsione, a firma del prefetto del dipartimento delle Bocche del Rodano, Stéphane Bouillon (recentemente condannato per diffamazione per aver erroneamente affibbiato l’etichetta di presunto terrorista a un soggetto in realtà estraneo alle accuse). Le motivazioni testuali dell’allontanamento di Shprygin dalla Francia sono: la sua segnalazione, da parte dell’autorità di lotta all’hooliganismo, come soggetto conosciuto in Russia quale membro attivo di un gruppo di tifosi pericoloso per l’ordine pubblico; la sua presenza allo stadio per la partita Inghilterra-Russia a Marsiglia; il suo proposito di spostarsi in altre città per i successivi incontri della nazionale; l’intenzione dei tifosi russi di partecipare a violenze organizzate e di rivendicarle sui social network; lo stato d’urgenza prorogato dal parlamento francese sino al 26 luglio 2016 per la minaccia di attentati terroristici e la conseguente necessità di non distrarre le forze di polizia da tali prioritarie incombenze; la verificazione di episodi di violenza sia in occasione di Inghilterra-Russia a Marsiglia sia il 15 giugno prima di Russia-Slovacchia a Lilla, con rischio di reiterazione. Per tali ragioni Shprygin viene ritenuto una minaccia attuale, reale e grave per l’ordine pubblico francese.

Se non può trascurarsi l’inquietante passato e il fosco presente della figura di Shprygin (dalle foto in cui è ritratto mentre si produce nel saluto nazista alle connivenze politiche a vari livelli), è però stupefacente che un provvedimento di espulsione si fondi su supposizioni e su fatti estranei al soggetto espulso, addirittura anche successivi all’inizio della sua detenzione (ad esempio, si citano le “scaramucce” di Lilla del 15 giugno, successive al fermo dei 43 del pullman di VOB).

Ne scaturisce un confronto legale e diplomatico, che coinvolge politici di primo rango e ambasciate. Si giunge infine a un compromesso: i venti tifosi russi destinatari del provvedimento di espulsione rinunciano al ricorso e vengono rimpatriati. Tornano a Mosca il 18 giugno, con un volo da Nizza. Arrivati in patria sono accolti quasi come eroi: la scena ricorda l’altrettanto singolare arrivo all’aeroporto di Buenos Aires dei capi ultrà della Doce del Boca Juniors dopo un periodo di detenzione in Paraguay. Il comune denominatore è la forza numerica, mediatica e politica dei vertici delle tifoserie, pur queste ultime geograficamente lontanissime tra loro.

Il beffardo ritorno in Francia

Ma non finisce qui: il 21 giugno Shprygin, abbigliato da turista, ricompare in Francia allo stadio di Tolosa per Russia-Galles. È una clamorosa beffa per le autorità francesi. Il capo-tifoso russo se ne compiace su Twitter. Le sue esternazioni consentono alla polizia francese di arrestarlo per la seconda volta. Com’è giunto sino a Tolosa, appena tre giorni dopo l’allontanamento? Probabilmente con un volo low cost diretto in Spagna, e quindi via terra con l’ausilio di terze persone (forse – così lascia intendere lo stesso Shprygin – suoi connazionali di ambiente diplomatico).

Siamo alla seconda querelle: a dire di Shprygin nulla gli vietava di tornare in Francia, essendo in possesso dei documenti occorrenti. Le autorità francesi la pensano diversamente. Dopo un giorno di fermo e di pratiche burocratiche, Shprygin ritorna in patria con un aereo da Parigi. Ma ciò non ne scalfisce la soddisfazione (e il compiacimento per un secondo volo «di nuovo alle spese della Repubblica Francese»): la beffa è stata consumata, e la Russia ancora una volta ha dimostrato di non temere nessuno. Quantomeno nella percezione della “primula rossa” moscovita.

Putin, Caucaso e ideologie

Molto si è letto circa i legami tra Shprygin e Putin. Attenendosi ai fatti: Shprygin compare a fianco di Putin in occasione della commemorazione della morte di Egor Sviridov, tifoso dello Spartak Mosca ucciso nel 2010 nella capitale russa in una rissa per mano di un giovane di provenienza caucasica. L’episodio portò a tumulti di piazza, all’esito dei quali Putin decise di ricevere una rappresentanza delle tifoserie, che avevano costituito la principale onda d’urto dei moti di strada. A guidare tale delegazione già allora vi era Aleksandr Shprygin.

L’episodio comportò anche l’acuirsi del contrasto tra, da un lato, le principali tifoserie russe, di Mosca e San Pietroburgo, e, dall’altro, i caucasici (tifosi di calcio ma non solo). Ciò in un groviglio di sentimenti che univano la contrapposizione etnica e quella politica al risentimento per l’allora crescente forza economica delle società sportive dell’area caucasica (su tutte l’Anzhi Makhachkala, che nel 2011 acquistò Eto’o) e al potere concesso da Putin stesso alla sua longa manus in Cecenia, il controverso Ramzan Kadyrov (presidente del Terek Grozny).

Non immediata è anche la lettura dell’ideologia politica delle tifoserie russe: in essa si mescolano rivendicazioni nazionalistiche e simboli di estrema destra, riferimenti al passato sovietico e contraddittori richiami al nazismo. Se la confusione regna sovrana, è pur vero che una dichiarata ideologia “di sinistra” è largamente marginale sugli spalti di Russia, restando confinata a poche realtà minori, come lo Spartak Nalchik (squadra del Caucaso settentrionale) o il Serp i Molot (“Falce e martello”, terza serie moscovita).

Ugualmente complessa è l’analisi delle amicizie internazionali: se da un lato non desta scalpore il legame, d’impronta ortodossa, con alcune tifoserie serbe (si pensi ai gemellaggi Spartak Mosca-Stella Rossa, CSKA Mosca-Partizan Belgrado e Dinamo Mosca-OFK Belgrado), stupisce invece, in un’ottica storica, l’esistenza di rapporti di amicizia tra tifoserie russe e polacche (CSKA Mosca-Widzew Łódź; Zenit San Pietroburgo-Legia Varsavia, Spartak Mosca-Lech Poznań).

La “morale” del caos portato dagli hooligan russi agli Europei è forse allora principalmente una: la forza dirompente di un movimento in ascesa come l’hooliganismo russo, a prescindere da tutti gli elementi – ideologici e politici – di contorno. Una città, la seconda di Francia, assediata per un intero giorno. Un capo-tifoso espulso che si fa beffe della polizia francese, irridendola a più riprese. Putin che, sornione, osserva e pone sibilline domande. Se la Russia del calcio ha perso, e male, sui campi di Francia, quella degli hooligan pare aver vinto la sua partita, 1-0 in trasferta. Il match di ritorno si giocherà nel 2018 in Russia, nei nuovi stadi costruiti o rimaneggiati per i Mondiali, e sarà una partita dall’esito tutt’altro che scontato. Fra due anni, infatti, la politica avrà bisogno di un clima pacificato e di una calma quantomeno apparente: potrebbe così trovarsi in conflitto con la stessa anima hooligan di cui ha giustificato e protetto l’invasione di Francia del giugno 2016.

Chi è Paolo Reineri

Nato nel 1983, torinese. E’ avvocato dal 2009. Appassionato di sport con particolare interesse per i suoi risvolti sociali, ha affiancato alla propria attività professionale l’approfondimento delle tematiche e delle vicende, sportive e non solo, dell’area est-europea, collaborando anche con l’emittente Radio Flash e con la rivista Fan’s Magazine.

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