Per la polizia 10.000 persone, per il comune di Varsavia cinque volte tanto. Queste le cifre della protesta svoltasi lo scorso sabato nella capitale polacca. Una marcia antigovernativa che ha sfilato durante un anniversario importante per la storia della Polonia: le prime elezioni semi-libere alla vigilia del definitivo collasso del regime comunista. Era il 4 giugno 1989. Oggi, ventisette anni dopo, la manifestazione in memoria di quell’evento ha acquistato tutt’altro valore ed è stata da molti vista e partecipata come l’occasione per riflettere sull’attuale stato della democrazia in Polonia che non versa in ottima salute a giudicare dalle mosse del governo di PiS e dagli allarmi dell’UE.
Giusto mercoledì scorso la Commissione europea ha inviato la propria opinione (non resa pubblica) al gabinetto polacco mettendo nero su bianco cosa andrebbe rivisto affinché la Polonia torni a essere in linea con i valori democratici europei: la risoluzione della crisi costituzionale che va avanti da mesi. Tempo concesso: due settimane. Il primo ministro Beata Szydło, tuttavia, non sembra disposta a concessioni, sicura che il braccio di ferro con l’UE potrebbe risultare in una manovra rischiosa per la stessa Unione. Una fiducia che proviene dalla forza del suo partito che non dà segno di cedimento – complici il baby sussidio e il programma “Home+” – e di un’opposizione ancora troppo debole. Non sembra, infatti, avere pari rivali in Parlamento il partito di Kaczyński: Piattaforma Civica (PO), ora guidato da Grzegorz Schetyna, fatica a riconquistare fiducia e credibilità perché troppo attaccato alla compagine di cui i polacchi volevano liberarsi; il partito Nowoczesna di Ryszard Petru, invece, dopo lo slancio iniziale ha perso un po’ di gas, per via di un programma politico poco affascinante e troppo legato al mondo della finanza assai sgradito ai più.
KOD, il gigante dell’opposizione
L’unica forza che sembra raccogliere consenso e vantare successi è il Comitato per la Difesa della Democrazia (Komitet Obrony Democracji, KOD), nato lo scorso novembre all’indomani della bufera scoppiata attorno al Tribunale Costituzionale. Un movimento di protesta civile che in soli sei mesi è riuscito a organizzare massicce manifestazioni – la più numerosa a inizio maggio con 240mila partecipanti – come quella di sabato 4 giugno sotto lo slogan “libertà per tutti, tutti per la libertà”. «Per quelli nati dopo quella data la libertà è come l’aria che respiriamo. Ci siamo abituati a essa e la diamo per scontata fino a quando è sotto minaccia» – ha dichiarato Mateusz Kijowski, 47 anni, informatico e leader del movimento. Kijowski ha sempre smentito di voler creare un partito politico o di essere esclusivamente contro il PiS. Il suo obiettivo – si legge in un’analisi di EUobserver – è molto più ampio: creare una società civile. Kaczyński e compari hanno accusato il KOD di essere uno strumento dell’opposizione ed è anche vero che alle sue sfilate hanno spesso preso parte parlamentari di PO – sabato scorso c’erano persino i due ex presidenti della Repubblica, Aleksander Kwaśniewski and Bronisław Komorowski. A garanzia della non alleanza tra l’ex partito di governo, Piattaforma Civica, e il KOD, il primo non ha preso parte alla coalizione che lo stesso Kijowski ha promosso a inizio maggio, “Libertà, Uguaglianza, Democrazia”, (Wolność, Równość, Demokracja) con l’obiettivo di proteggere i valori europei e l’ordine costituzionale. Ne fanno parte gli altri principali partiti dell’opposizione polacca: Nowoczesna, il Partito Popolare Polacco (PSL) e l’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD).
Rimane da capire quanto le intenzioni di KOD – ovvero andare oltre la filosofia “anti-PiS” – reggeranno sul lungo periodo, e se il movimento terrà piede nel caso in cui la controversia sul Tribunale Costituzionale venga risolta definitivamente. Per contrastare efficacemente il governo bisognerebbe anche puntare a un programma che sfidi il suo cavallo di battaglia: la politica socio-economica, probabilmente quella che al momento è la più importante per i cittadini.