Il mondo sta andando a rotoli, si sta impregnando sempre di più di cattiveria, falsità e ipocrisia. La fede è ormai perduta. E Veniamin, il protagonista di “Parola di Dio“, crede di saperlo meglio di tutti perché conosce la Bibbia a memoria, le prediche sulla moralità e, soprattutto, sa come rispettarle e distinguere il Bene e il Male. Ma dove si trova il confine tra moralità e fanatismo religioso? Tra libertà e lassismo? Tra religione e manipolazione?
Un martire fanatico al Festival di Cannes
L’ultimo film di Kirill Serebrennikov, “Parola di Dio” (“Uchenik”), presentato lo scorso 13 maggio alla 69° edizione del Festival di Cannes, è stato accolto con un pizzico di scetticismo dagli spettatori della sezione “Un certain regard”. Tuttavia, alla pellicola di Kirill Serebrennikov, noto all’estero grazie al film “Izmena” (“Betrayal“), la giura ha attribuito il premio François Chalais, definendo “Il Discepolo” come il miglior esempio di trasposizione della realtà su un tema di grande attualità.
Il film, il cui titolo inizialmente doveva essere “(M)uchenik” (“muchenik” in russo significa “martire” e “uchenik” significa “studente” o “discepolo”) è una cupa parabola che racconta il fondamentalismo religioso cristiano in modo molto coinvolgente, offrendo un esame profondo del fanatismo religioso e, allo stesso tempo, uno sguardo satirico alla Russia di oggi, Paese le cui istituzioni sono dominate da una sorta di tradizionalismo e conservatorismo di tipo medievale e bigotto. Una copia di “Leviathan“? Scatta inevitabilmente il confronto con l’opera cinematografica diretta da Andrey Zvyagintsev e tanto apprezzata a Cannes due anni fa. I temi affrontati dai due compatrioti, certo, sono simili e ricorrenti, ma il film indipendente di Serebrennikov, a tratti perfino ironico e divertente, non raggiunge i livelli di Zvyagintsev.
Follia, desideri sessuali ambigui, repressione, relazione contorta tra madre e figlio. Ma probabilmente non sono i contenuti affrontati a rendere “Parola di Dio” un film unico nel suo genere, quanto piuttosto l’interpretazione eccellente dei suoi attori protagonisti, attori teatrali, preparati, che regalano un tocco di professionalità alla sceneggiatura. La scelta degli attori da parte del regista russo non è stata causale. Il film è tratto dalla pièce teatrale “The Student” del drammaturgo tedesco Marius von Mayenburg, da cui Serebrennikov ha inizialmente adattato i testi per la compagnia del teatro di Mosca (Centro Gogol); solo in seguito ha rivisitato e trasformato il tutto in opera cinematografica , proponendo ad alcuni dei suoi attori di recitare anche nel film, creando così una continuità fra palcoscenico e schermo.
“Volevamo girare in una città che non fosse una megalopoli. E Kaliningrad si è rivelata perfetta: c’è la natura tutt’intorno e la città è, sorprendentemente, molto vivibile e piacevole.”
Veniamin (Petr Skvortsov) è uno studente di Kaliningrad, in piena crisi mistica e adolescenziale. Un ragazzo carismatico e attraente, che attira gli sguardi dei suoi coetanei. Ma è cristiano. Un cristiano, tuttavia, che non sa bene cos’è l’altruismo. La sua fede è fondata sulla follia, sul delirio, sulla vendetta e la manifesta a suon di citazioni bibliche imparate a memoria, con le quali condanna tutti: i deboli, i vigliacchi, i temerari, condanna sua madre, che ha peccato perché non ha seguito gli insegnamenti di Cristo divorziando dal marito, condanna le ragazze in bikini, la cui sola parola gli provoca la nausea, condanna gli omosessuali che si nascondono e anche quelli che osano vivere alla luce del sole, condanna i preti ortodossi che hanno fallito nella loro missione cristiana. Il suo rapporto con i professori, con i suoi coetanei e con la madre è contorto, complicato e confuso, impregnato di rabbia e frustazione, che Serebrennikov riesce a catturare nel vivo.
Questo giovane affascinante ma tanto ingenuo, che girovaga con la sua Bibbia sempre in tasca, rivela una Russia altrettanto ambigua, dove gli alunni imparano che Stalin, nonostante qualche piccolo difetto, è stato un dirigente eccellente, dove le teorie di Darwin, uomo di una certa importanza storica, vengono contraddette e dove l’antisemitismo è sempre in agguato, pronto a incendiarsi al minimo fruscio di un fiammifero.
Ma allora, qual è e dov’è la moralità? Le ragazze possono presentarsi in bikini ai corsi di nuoto in piscina? E l’educazione sessuale deve essere insegnata fra i banchi di scuola? L’insegnante di scienze può parlare della teoria di Darwin o deve adeguarsi a quella della creazione di Dio? Il confine tra moralità e fanatismo religioso è sottilissimo.
Scena tratta da “Parola di Dio” (2016) di Kirill Serebrennikov.
Foto: film.ru