La protesta di piazza di Belgrado contro il governo

SERBIA: Belgrado scende in piazza contro il governo

Da BELGRADO –La città è nostra“. E’ questo il nome e lo slogan dell’enorme protesta di piazza di mercoledì scorso a Belgrado. La manifestazione è stata organizzata dal comitato cittadino “Ne da(vi)mo Beograd” (non cediamo/soffochiamo Belgrado), in segno di protesta contro l’amministrazione cittadina e gli organi di governo. Queste autorità sono ritenute responsabili degli episodi avvenuti in Savamala il 25 aprile, durante la notte dello spoglio delle schede elettorali, quando alcune persone nascoste da passamontagna e armate di ruspe hanno distrutto diversi edifici e minacciato alcuni testimoni sul posto.

La protesta

Secondo gli organizzatori, alla protesta avrebbero partecipato circa 15mila persone e in tal caso si tratterebbe di una delle più imponenti manifestazioni di piazza degli ultimi anni in Serbia. Si è trattato del secondo capitolo della protesta, in quanto già mercoledì 11 maggio alcune migliaia di cittadini avevano intrapreso un corteo per le vie del centro della capitale fino a raggiungere la sede del governo.

Mercoledì scorso, invece, la protesta è stata molto più partecipata. La manifestazione è iniziata alle ore 18, di fronte al palazzo del municipio, dove gli speaker degli organizzatori hanno ribadito il loro obiettivo: le dimissioni delle autorità competenti, incluso il sindaco di Belgrado, Siniša Mali, che a distanza di un mese dagli episodi di Savamala, non hanno ancora individuato i responsabili e vengono quindi sospettati di esserne complici, se non addirittura i mandanti. Dal municipio è poi iniziato un corteo lungo le principali vie del centro, dove si trovano le sedi di diversi mezzi di comunicazione (Novosti, Politika e RTS). Il corteo si è quindi concluso sempre di fronte al municipio, verso il quale i manifestanti hanno lanciato rotoli di carta igienica e dove gli organizzatori hanno promesso che “questo è solo l’inizio“. L’obiettivo del corteo era quello di riappropriarsi della propria città, avvertita come ostaggio dell’arroganza dell’amministrazione locale, che si permette di distruggerne le parti armata di ruspa e coperta da passamontagna.

Le colpe del governo

Come detto, il bersaglio dei manifestanti era l’amministrazione locale ma anche il governo di Aleksandar Vučić. I fatti di Savamala sono sospettati di essere stati orchestrati dalle autorità in quanto la zona dove sono stati demoliti gli edifici il 25 aprile è interessata dal progetto “Belgrado sull’acqua”, un investimento da oltre 2 miliardi di euro, e sembra scontato che le persone che hanno compiuto le demolizioni lo abbiano fatto nell’interesse di questo progetto, che è un caposaldo dell’amministrazione Vučić. Il comitato organizzatore delle proteste nacque infatti proprio per protestare contro “Belgrado sull’acqua”.

Mentre Vučić afferma che le indagini sono in corso, egli affermò anche che si trattava di edifici costruiti abusivamente, come a giustificarne indirettamente la demolizione. Quel che lascia perplessi è che l’unica autorità ad aver condotto indagini indipendenti sia l’ombudsman Saša Janković. Ad oltre un mese da quegli episodi si sa solo che non ci sono indagati e che la polizia si rifiutò di intervenire, nonostante fosse stata chiamata da più persone.

Il ruolo dei media

Un altro elemento importante dell’intero faccenda è il comportamento dei principali mezzi di informazione. In primis, nessun media aveva dato notizia delle demolizioni, occupandosene solo qualche settimana più tardi e in maniera a dir poco superficiale, per di più riportando solo le giustificazioni del primo ministro. In secondo luogo, le proteste non hanno trovato alcuno spazio né sui giornali né sulle principali televisioni nazionali, eppure rappresentano un evento a dir poco straordinario per la capitale serba.

Tra le varie organizzazioni che hanno partecipato al corteo di mercoledì c’era infatti anche l’associazione indipendente dei giornalisti di Serbia (NUNS), in segno di protesta verso quei colleghi che in Serbia sembrano essersi asserviti al potere e in segno di solidarietà verso i giornalisti di RTV, la televisione publica della Vojvodina, vittima di licenziamenti ingiustificati all’indomani delle elezioni dello scorso aprile.

Già finita la luna di miele del nuovo governo Vučić?

Gli organizzatori hanno promesso che le proteste e i cortei continueranno, consapevoli di avere l’indignazione trasversale della popolazione dalla proprio parte. Nonostante si sia trattato di cortei assolutamente pacifici, questi potranno rappresentare un elemento di forte destabilizzazione nei confronti del governo, accusato di fare il buono e il cattivo tempo nei confronti della cittadinanza. Quest’ultima sembra però essere arrivata al culmine della sopportazione, lanciando al governo un messaggio più che chiaro: “non la farete franca“.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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