Via libera da parte dell’Eurogruppo alla nuova tranche d’aiuti necessari ad Atene per la propria sopravvivenza. Saranno 10,3 i miliardi che Atene riceverà nei prossimi mesi: di questi, 7.5 dovrebbero arrivare nelle prossime settimane, in modo tale da ripagare gli arretrati con Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, mentre la seconda tranche da 2,8 miliardi giungerà dopo l’estate, presumibilmente in settembre. Non solo: il governo greco ha anche ottenuto la tanto agognata ristrutturazione del debito. Dopo una maratona negoziale di 11 ore, il presidente Jeroen Dijsselbloem ha annunciato l’esito positivo della riunione, durante la quale le pressioni “ostinate e contrarie” di Germania e FMI hanno rischiato più volte di far saltare il tavolo negoziale.
Perché stavolta, in gioco, non c’era solo l’ennesimo piano d’aiuti, bensì l’annessa ristrutturazione del debito greco, che il premier Alexis Tsipras chiede da tempo. Le resistenze della Germania a intervenire sul debito prima della fine del programma si sono scontrate con il netto rifiuto, da parte del FMI, di continuare a sostenere il piano senza alleggerire il debito, ritenuto dal Fondo monetario insostenibile.
Alla fine, la posizione del FMI ha avuto la meglio sulle resistenze tedesche e “l’Eurogruppo si è accordato su un pacchetto di misure che saranno immesse progressivamente, necessarie per raggiungere i target sulle necessità di finanziamento”, si legge nel comunicato finale. Le prime saranno attuate non appena si completerà la prima revisione del programma; ad essere interessati, saranno da subito i tassi d’interesse – che contribuiscono enormemente a rendere insostenibili i prestiti. Successivamente, si attueranno interventi più mirati e adeguati. Per il commissario agli affari economici Pierre Moscovici è un successo: “Abbiamo voltato pagina insieme in questa lunga storia del programma greco, c’è voluto un lavoro intenso, non era facile”.
La strada comunque è ancora lunga, sia perché la Grecia, per arrivare a questo risultato, ha dovuto adottare misure drastiche per la propria economia – e non è detto che ciò non avrà ricadute occupazionali peggiori del previsto – sia perché il FMI ha specificato, il giorno dopo l’accordo, che la sua partecipazione non è scontata, ma legata alle misure per alleggerire il debito che l’Europa presenterà nelle prossime settimane, e sia ancora perché, per il momento, si parla solo di “ristrutturazione del debito”; per parlare di “taglio”, si dovrà aspettare il 2018. Ad ogni modo, l’accordo rappresenta indubbiamente una svolta, un cambio di passo rispetto al passato, anche se la mentalità rimane la stessa; la ristrutturazione, infatti, non viene concessa per “motivi politici”, ma solo per motivi d’interesse: meglio perdere 10 dollari ma garantirsi il rientro di 90, piuttosto che non cedere sui 10, ma rischiare di perdere tutto. Carta vince, carta perde, è l’economia, baby.