Le elezioni parlamentari, necessarie per il superamento della crisi politica, non si sa ancora quando si terranno. Negli ultimi giorni il braccio di ferro tra il governo, rappresentato dal partito conservatore VMRO e dal suo leader Nikola Gruevski, e l’opposizione, il partito socialdemocratico SDSM guidato da Zoran Zaev e attualmente in piazza a manifestare, si era fatto sempre più forte. La data delle elezioni anticipate è il tema principale della disputa tra i due maggiori partiti macedoni. La necessità del rinvio delle elezioni risiede nel fatto che non vengono garantiti alcuni standard per la regolarità delle elezioni, come i registri elettorali esplicitamente falsificati e la libertà d’informazione che non viene garantita.
Il parlamento, pertanto, ha votato favorevolmente alla proposta di rinviare l’elezione del 5 giugno, e precedentemente prevista per il 24 aprile: 96 parlamentari di 123 hanno infatti ritenuto necessario che la consultazione elettorale venisse ulteriormente posticipata.
Un paese spaccato in due
La crisi politica ha creato una frattura in seno alla Macedonia che deve essere ancora rimarginata. Mentre la VMRO continua la sua campagna elettorale in vista delle elezioni, la SDSM è scesa in piazza insieme a numerose associazioni, partiti e singoli cittadini stanchi della situazione politica del loro paese.
Nessuno dei due partiti è intenzionato a fare alcun passo indietro ma, nonostante si avverta la necessità di una riconciliazione per non aggravare ulteriormente la situazione, le prospettive non sembrano delle più rosee. La VMRO ha infatti continuato a condurre la sua campagna elettorale senza pensare a un eventuale nuovo rinvio delle elezioni anticipate, giacché queste erano previste per il 24 aprile secondo quanto statuito dall’accordo di Pržino. Ma lo scioglimento del parlamento, un passo obbligatorio per tenere nuove consultazioni elettorali, è stato dichiarato illegittimo dalla corte costituzionale.
Nel frattempo, per le strade continua a imperversare la “rivoluzione colorata”, così chiamata dagli attivisti dopo che sostenitori governativi tacciavano i manifestanti di “essere al soldo di Soros“. Le proteste sono tuttavia scaturite dopo la decisione del presidente Ivanov di concedere la grazia ai politici e ai loro collaboratori indagati per brogli elettorali da una procura speciale istituita per far luce sulle trascrizioni delle intercettazioni pubblicate da Zaev e che avevano compromesso la VMRO.
Elezioni legittime?
Le elezioni non sarebbero state comunque legittime. Anche senza la decisione della corte costituzionale, l’Unione Europea non avrebbe mai riconosciuto i risultati usciti da elezioni dove vi era solo un partito a partecipare. Nonostante Gruevski avesse obbiettato che alle elezioni avrebbe partecipato una “coalizione formata da 20 partiti”, questo non è un esempio di pluralismo, compromettendo inevitabilmente lo stato di diritto del paese. La possibilità che il paese venga isolato o addirittura posto sotto sanzioni – rivolte esclusivamente contro i leader politici – non è da escludere e qualora non vi siano degli sviluppi positivi per la risoluzione della crisi l’UE potrebbe decidere di usare le maniere forti.
Cosa fa l’Europa?
L’Europa sta avendo certamente un ruolo di primo piano, giacché la Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato all’adesione nel 2005. I risultati ottenuti non sembrano però andare nella direzione sperata, nonostante l’impegno di figure come il commissario europeo all’allargamento Johannes Hahn, l’ambasciatore europeo in Macedonia Aivo Orav e il mediatore europeo Peter Vanhoutte.
Foto: Robert Atanasovski