di Giuseppe Mancini
Sono rimasti in due. A Proti (conosciuta in turco col nome di Kınalıada), isola dello stesso arcipelago di Büyükada, prima del pogrom anti-greco del 6-7 settembre 1955 e delle espulsioni del 1964, c’erano 65 famiglie rum, 50 famiglie armene, 40 famiglie turche. Oggi a viverci durante tutto l’anno sono rimasti Michail e Dimitri, oltre a 3 armeni: gli altri tremila abitanti sono tutti musulmani.
Michail li chiama ancora ottomani e con loro ha un ottimo rapporto. Si sente la memoria storica dell’isola: ha messo ordine e portato pulizia nel cimitero quasi del tutto abbandonato (si è occupato anche degli ultimi interramenti), ha restaurato la chiesa ortodossa di Panayia e ne assicura la pulizia e la manutenzione; e insieme a Dimitrios anche il funzionamento: nel senso che, oltre a essere la congregazione, a Natale e Pasqua sono loro due che indossano gli abiti sacerdotali, leggono le sacre scritture, inscenano i rituali, aspergono l’incenso. Una chiesa in autogestione, con il tacito assenso del patriarcato di Istanbul.
Panayia è anche una chiesa condivisa: non come Ayios Yeorgios a Büyükada, ma perché ne hanno ottenuto l’uso anche gli aramaici e gli armeni che vengono a Proti in estate, un turno liturgico a testa. Ma Michailis non è affatto contento: ha paura che i nuovi arrivati – originari non dell’isola, ma provenienti da Polis (Costantinopoli) o dall’Anatolia – gliela portino via e cancellino le sue tracce – se non adesso, dopo la sua morte. Una chiesa di metà ottocento in cui Michailis ci dice di aver servito per 77 anni (ne ha pochi di più), con annessa scuola elementare in disuso ormai da qualche decennio: e soprattutto dotata di Ayazma, l’immancabile sorgente d’acqua sacra e miracolosa.
La vedrò la prossima volta, insieme al monastero di Hristos in cima alla collina: luogo d’esilio dell’imperatore Romanos IV Diogenes dopo la sconfitta di Manzikert nel 1071 e l’acceccamento da parte dei suoi oppositori, oggi affidato a una coppia di aramaici. Michail ci mostra foto e libri d’epoca, ci confida di aver donato del materiale al museo delle isole di Büyükada: gli brillano gli occhi, ci invita a tornare. Vuol continuare a mostrarci la sua isola e il suo mondo sospeso tra presente e passato, sul punto di scomparire.