Da FIUME – Continua a peggiorare il clima politico in Croazia, in particolar modo in merito alla libertà di stampa e ai diritti delle minoranze nazionali. L’ultima vittima della politica del nuovo governo croato, in particolare del suo contestato ministro della Cultura, Zlatko Hasanbegović, è l’EDIT, la Casa editrice della Comunità Nazionale Italiana che vive in Slovenia e in Croazia.
Dopo gli eventi della seconda guerra mondiale e il conseguente esodo della maggioranza della popolazione italiana che viveva in Istria, nel Quarnaro e in Dalmazia, un ristretto numero di persone di nazionalità italiana decise di restare in quella che era divenuta la Jugoslavia socialista. Questa comunità ha mantenuto in vita la propria lingua, le proprie tradizioni e la propria cultura, anche grazie ad una serie di istituzioni che la Jugoslavia prima e la Slovenia e la Croazia poi le hanno concesso. Tra queste, un’organizzazione politica di riferimento, l’Unione Italiana, un sistema di scuole in lingua italiana, e una propria casa editrice, l’EDIT. Proprio grazie all’EDIT, dal 1944, ininterrottamente, ogni giorno esce nelle edicole slovene e croate un giornale interamente in italiano, “La Voce del Popolo”, un vero punto di riferimento per la minoranza italiana, che conta oggi tra le 20 e le 30.000 unità.
In questi giorni, però, proprio l’EDIT vive il suo periodo più difficile, a causa di un grosso debito accumulato negli anni, dovuto a diversi errori di gestione. Se fino ad ora questa situazione era comunque sostenibile grazie alle sovvenzioni provenienti dall’Italia, dalla Slovenia e dalla Croazia, la recente decisione del ministro Hasanbegović di tagliare del 50% i fondi rischia di avere ripercussioni serie. Il ministro ha giustificato tale scelta sostenendo che il finanziamento spetta al Consiglio delle minoranze e non al ministero della Cultura, aggiungendo che il giornale deve sapersi adattare alle regole di mercato. Hasanbegović ha rincarato la dose, dichiarando che dal 2017 il ministero non spenderà più un centesimo per la Casa editrice degli italiani. Un taglio così radicale ha evidentemente generato una serie di reazioni indignate: l’Ordine dei giornalisti croato, il quotidiano di Fiume Novi List, i partiti di opposizione, le autorità istituzionali di Fiume e dell’Istria, esponenti della cultura croata e tante altre voci si sono levate a difesa di un patrimonio di tutto il Paese, che rischia di scomparire. Il deputato della minoranza italiana al Sabor, Furio Radin, ha dichiarato che della questione è stata investita la Presidente della Repubblica, Kolinda Grabar-Kitarović, originaria proprio di Fiume.
Fino ad oggi, noncurante delle innumerevoli polemiche sollevate dal suo passato di militanza nell’estrema destra e dalle sue dichiarazioni di simpatia verso il regime filonazista degli ustaša, responsabile di massacri durante il secondo conflitto mondiale, Hasanbegović ha adottato diverse leggi controverse. Tra queste, ricordiamo l’abolizione del Consiglio statale per i media no-profit, la sostituzione del direttore della Radiotelevisione pubblica, la chiusura di Montirani proces, un programma tv satirico di successo. Se a questo aggiungiamo le polemiche sulle commemorazioni delle vittime del campo di concentramento di Jasenovac, le aggressioni subite da giornalisti e le denunce da parte degli esponenti delle minoranze di un clima di intolleranza, emerge un quadro più che allarmante, come evidenziato dal Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks, in visita a Zagabria a fine aprile.
Il rischio della chiusura del giornale della minoranza italiana si inserisce dunque in un contesto politico che sembra rassomigliare al furore nazionalista della presidenza Tuđman degli anni ’90. Una linea politica che rischia di minare un pilastro della società democratica croata, quale il pluralismo, inteso come libertà dei media e come convivenza tra comunità nazionali diverse, tutte parte del patrimonio storico culturale del Paese.