A Ginevra si è tornati a discutere della pace in Siria. Ma il terzo round di negoziati è cominciato tra le polemiche internazionali, alimentate dalla decisione di Bashar al-Assad di tenere nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento siriano. Una mossa che, secondo molti, Assad spera di usare per rafforzare la sua posizione al tavolo delle trattative e negoziare con maggior forza il suo destino politico.
I seggi sono stati aperti mercoledì 13, nello stesso giorno in cui le prime delegazioni arrivavano ai bordi del Lac Leman per incontrare Staffan De Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite.
Ma la forzatura di Assad, che vorrebbe presentarsi ai colloqui dimostrando di avere ripreso il controllo sul Paese, rischia ora di compromettere l’esito delle trattative. Trattative che sono già minacciate dalle continue violazioni del cessate-il-fuoco.
Una debole tregua tra ribelli e forze governative è, infatti, formalmente in vigore dal 27 febbraio, ma esclude i jihadisti di Al Nusra e dell’Isis.
“Elezioni farsa”. La denuncia della comunità internazionale
L’opposizione siriana ha da subito denunciato l’illegittimità della consultazione che servirà ad eleggere 250 deputati fra i circa 3500 candidati approvati dal governo. Un voto scontato nell’esito e azzoppato nei contenuti.
Solo un terzo del Paese, infatti, ha potuto esprimere una preferenza; ovvero le 12 province sotto il pieno controllo del regime, dove vive il 60 per cento della popolazione totale. Sono rimaste escluse dal voto diverse zone: quella curda, nel nord-est della Siria, e quella centrale, in mano all’Isis, che comprende le città di Raqqa e Deir Ezzor. A ciò va aggiunto che oltre la metà della popolazione è sfollata, costretta ad abbandonare le proprie case e i propri villaggi per fuggire dalla guerra, e quasi 5 milioni di siriani si trovano all’estero.
La comunità internazionale – Russia esclusa – considera le elezioni una “provocazione”. La Francia, in particolare, accusa Assad di volerle usare come passerella politica: «È una vergogna, organizzata da un regime oppressivo senza alcun controllo internazionale».
Intanto, a sud di Aleppo sono ripresi i combattimenti tra le forze governative e i ribelli. Gli Stati Uniti si sono detti preoccupati per l’aumento della violenza nel Paese, che rischia di far saltare la già flebile tregua.
Il rapporto che inchioda Assad
Fin dall’inizio della guerra civile siriana numerosi rapporti, redatti da diverse organizzazioni internazionali, accusano il presidente Assad di crimini contro l’umanità.
Ma quello della Cija (Commission for International Justice and Accountability) non si limiterebbe a denunciare e documentare gli abusi e gli assassinii del regime siriano. Ben 600 mila pagine di documenti collegherebbero i crimini commessi in 5 anni di guerra direttamente ad alti ufficiali del governo di Assad. Una quantità enorme di prove, equivalente solo a quella prodotta per il processo di Norimberga.
Nata nel 2012 dopo la primavera araba, la Cija è un’agenzia di investigazione privata ed è supportata da alcuni governi occidentali (Regno Unito, Germania, Svizzera, Danimarca, Norvegia, Canada) e dall’Unione europea. Il suo compito è quello di raccogliere documenti che potranno essere utilizzati per sostenere una futura azione penale.
Dal 2012 ad oggi, la Cija ha addestrato numerosi “agenti” siriani perché sottraessero documenti ufficiali, direttamente da edifici governativi e dalle sedi dei servizi segreti, una volta che queste fossero state sgomberate, ad esempio, dopo la conquista da parte dei ribelli.
Oltre a telegrammi, verbali ufficiali e fotografie, la Cija ha raccolto testimonianze in tutto il Paese, nascondendo l’identità delle persone intervistate in modo che queste possano in futuro intervenire in un processo.
Questa lunga e approfondita attività di indagine ha permesso di documentare centinaia di casi di arresti indiscriminati, di abusi e confessioni estorte sotto tortura (mediante l’uso di shock elettrici, bruciature di sigaretta, percosse, sodomia e amputazioni di parti del corpo).
Se davvero così fosse, il regime non potrebbe più imputare i crimini di Assad alle forze ribelli, responsabili anch’esse, tuttavia, – come hanno dimostrato alcuni rapporti prodotti dalle Nazioni Unite – di violazioni dei diritti umani.
Foto: UNHCR