di Alessandro Mazzaro
Con un’encomiabile tempestività, quasi da guerra fredda, anche la Russia ha ucciso il suo “Bin Laden”. Nessuna frizione, però, con gli States, anzi grande comunanza di intenti, arrivata ad unire come non mai i due nemici/amici. “Il successo delle forze speciali statunitensi, così come i risultati delle forze speciali russe nel Nord del Caucaso, hanno un significato universale” ha dichiarato, a scanso di equivoci, il ministro degli esteri russo Lavrov. La Russia, certo, ha il suo bel da fare col terrorismo, soprattutto nella zona del Caucaso settentrionale, tanto che persino Putin all’apogeo del risveglio arabo arrivò a definirsi “preoccupato” da una situazione pericolosamente contagiosa.
AL QAEDA NEL CAUCASO
Doger Sevdet, conosciuto anche come Abdullah Kurd, leader di Al Qaeda nel Caucaso del nord, è stato ucciso in Cecenia dalle forze di sicurezza russe. A lui sono stati attribuiti i maggiori attentati degli ultimi anni. Il risultato è indubbiamente importante, ma probabilmente inciderà poco o niente sugli equilibri e sulla salute del terrorismo nell’area, considerato anche il fatto che il nemico numero uno del Cremlino nell’area, Dokka Umarov, è ancora a piede libero e in grande forma nel lanciare le sue invettive contro i russi “invasori”.
Alexei Malashenko, esperto del Carnegie Moscow Center, consiglia di non farsi prendere da facili entusiasmi: “Non è la prima volta che le forze di sicurezza ammazzano qualche leader carismatico dalla regione. Ma ogni volta questi capi vengono sostituiti”. Un ricambio, dunque, che nulla sottrae alle attività dei terroristi: “All’indomani della caduta dell’Urss si è assistito ad una decisa reislamizzazione della società, con il movimento radicale eretto a simbolo dei musulmani ‘duri e puri’, pronti a creare uno stato islamico indipendente nel nord Caucaso. Tuttavia – prosegue Malashenko – alla maggior parte degli islamisti lo status quo è particolarmente gradito, perché essere uno dei soggetti all’interno della Federazione Russa permette di ricevere cospicui finanziamenti dal governo centrale”.
Per questo l’omicidio di un leader non rappresenta la panacea di tutti i mali. La situazione del Caucaso settentrionale è molto più complessa. Negli ultimi tempi è cresciuta anche l’intolleranza nei confronti delle altre religioni, come attesta lo studio pubblicato da Kavkaz center, il quale prende ad esempio la Cecenia dove l’ostilità nei confronti dei cristiani raggiunge il 44% della popolazione. “Medvedev e Putin sostengono che la Russia è un paese multietnico, ma nulla hanno fatto in questa direzione. E’ per questo motivo che il governo centrale non capisce quello che accade nel Caucaso settentrionale” conclude Malashenko. Molti osservatori sottolineano che “quel che accade da quelle parti sta assumendo i contorni dello scontro tra civiltà”.
Situazione particolare… sono d’accordo