Sulla primavera araba è già autunno /3

di Matteo Zola

La questione del pane

Infine c’è la questione del pane. I vecchi regimi barattavano il consenso con il pane, i diritti con il prezzo degli alimenti. Un prezzo calmierato. Almeno fino al 2009 quando l’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio non ha causato anche un aumento dei generi alimentari. Come spiegato dalla Fao, l’agricoltura sempre più intensiva e meccanizzata richiede molta energia. Il petrolio serve per le macchine, per il trasporto, per la produzione di pesticidi. L’aumento del petrolio ha poi portato alla produzione di biocarburanti, estratti da piante ad uso alimentare, che sono così salite di prezzo malgrado i sussidi. L’aumento di prezzo dei generi alimentari, unito alla disoccupazione e alla corruzione dilagante, ha generato questa ondata di rivolte. I Paesi del Nord Africa e Medio oriente infatti sono accomunati dalla stessa economia del sussidio: non a caso tra i venti maggiori importatori di frumento ben dieci sono di quest’area con l’Egitto al primo posto.

L’economia del sussidio è stata pagata in gran parte dagli Stati Uniti che vendendo a prezzi ribassati le loro eccedenze di frumento consentivano di produrre pane a buon mercato. Così gli Stati Uniti sostenevano e alimentavano i regimi che ora combattono.

Il problema del pane, per così chiamarlo, è grave anche perché i sussidi hanno disincentivato lo sviluppo agricolo e quello che c’è, si è visto, risente dell’aumento del prezzo del petrolio. I regimi hanno sempre fatto leva sulle questioni alimentari utilizzandone le storture a proprio vantaggio. Ecco quindi l’ultima riflessione: se davvero si vuole che la democrazia si sviluppi in Nord Africa e Medio Oriente occorre agire sul sistema produttivo di quei Paesi. Ma a chi gioverebbe? A quelle popolazioni, senz’altro, ma forse non alle potenze mondiali con i loro lucrosi interessi in campo. Ecco perché, accantonati i facili entusiasmi per la “rivoluzione”, i social network, e tutte quelle giubilanti idiozie che i nostri media continuano a propinarci, la via araba alla democrazia si mostra nella sua ardua realtà. Tanto più oggi che i riflettori sono spenti.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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