Rimane piena l’agenda di Poroshenko che tra gli incontri internazionali in Turchia e a Bruxelles deve gestire la delicata fase di politica interna. La crisi di governo, iniziata dopo il fallito tentativo delle forze politiche di maggioranza di sostituire al vertice del governo la sempre più precaria figura di Arseniy Yatseniuk, non ha ancora trovato una soluzione. Mentre si continua a parlare di possibili nomi cercando una figura di compromesso all’interno della sempre più eterogenea coalizione, sono emerse nelle ultime settimane nuove indiscrezioni sulle complesse trame intorno al futuro politico del Donbass.
Ritorno di Akhmetov?
A lanciare la notizia, rimbalzata poi sui media nazionali, è stato l’autorevole quotidiano Zerkalo Nedeli. Riportando la testimonianza di una fonte anonima all’interno dell’Amministrazione Presidenziale, il quotidiano parla di una serie di recenti incontri tra Rinat Akhmetov, Yuriy Boyko e Poroshenko. Uno dei dossier esaminati riguarderebbe il futuro politico dei territori occupati ed il ruolo che i due oligarchi, ai margini nell’ultimo periodo, potrebbero tornare ad occupare nel Donbass.
Stretto tra la crisi politica che impedisce ogni riforma costituzionale in seno alla Verkhovna Rada e la necessità di far fronte alle crescenti pressioni provenienti da Berlino e Parigi, Poroshenko si trova in una situazione sempre più complicata. Proprio per questo, insiste Zerkalo Nedeli, all’interno dell’Amministrazione Presidenziale si starebbe elaborando in gran segreto una legge elettorale che permetterebbe a Kiev di adempiere agli obblighi stabiliti dal protocollo di Minsk e di poter svolgere, seppur in via del tutto teorica, elezioni locali.
Ma non è tutto. A Kiev si starebbe valutando anche la presunta disponibilità del Cremlino di sostituire i due attuali leader dei separatisti di Donetsk e Lugansk, Zakharchenko e Plotnitsky, con due figure di carattere intermedio, non del tutto compromesse negli ultimi due anni di guerra. Proprio qui entrerebbero in scena Akhmetov e Boyko, due oligarchi con forti legami economico-politici con i territori di Donetsk e Lugansk. Il primo è rimasto finora dietro le quinte, mantenendo un’ambigua posizione intermedia e coltivando i suoi numerosi interessi nei territori fuori dal controllo di Kiev.
Pur non toccando direttamente la nuova scena politica ucraina, Akhmetov è considerata la principale figura dietro al Blocco di Opposizione, che ha accolto al suo interno numerosi vecchi rappresentanti del partito di Yanukovich. Uno di questi è proprio Yuriy Boyko, politico di lunga data con forti interessi personali nel settore del gas, divenuto la figura centrale del partito fortemente radicato nel Donbass. Si vocifera, infatti, che durante gli incontri con Poroshenko si sia discusso della possibilità di riconoscere l’autonomia della regione con la creazione di due amministrazioni territoriali speciali, a capo delle quali il presidente nominerebbe proprio Akhmetov e Boyko come suoi rappresentanti plenipotenziari.
Dalle parole alla realtà
Pur trattandosi solo di congetture, alcune conferme del dialogo tra il Presidente e gli oligarchi del Donbass arrivano anche dal partito presidenziale. A testimoniarlo, definendo l’indiscrezione come “affidabile” è stato Mustafa Nayyem, giornalista di Ukrainska Pravda e Hromadske, attivista e parlamentare eletto nelle liste del Blocco di Petro Poroshenko. Nonostante la smentita ufficiale, arrivata qualche giorno fa, qualcosa, probabilmente, bolle davvero in pentola. La situazione politica a Kiev rimane piuttosto tesa e il presagibile rimpasto di governo difficilmente potrà avere conseguenze immediate sulla complessa situazione legata al Donbass.
C’è da risolvere, infatti, la questione del voto. Finora Kiev ha rimandato la legge sullo status speciale dei territori occupati sottolineando la primaria necessità della totale demilitarizzazione della regione e della cessazione di ogni attività bellica. L’attuale congiuntura internazionale, però, che ha evidenziato alcune crepe nella politica di isolamento della Russia da parte della comunità occidentale, sta limitando i margini di manovra per Kiev.
Le pressioni in favore della legge sullo status speciale da parte dei partner europei e di Washington si sono fatte più insistenti nelle ultime settimane. Evitare nuovi colpi di mano da parte dei ribelli e del Cremlino sembra, infatti, la priorità per Berlino e Parigi. Il rischio, che dipende probabilmente anche dal dialogo con Mosca sul futuro della Siria, è quello di elezioni autonome a Donetsk e Lugansk, che, seppur non riconosciute, chiuderebbero la strada ad ogni dialogo e comporterebbero un’alta probabilità di una nuova escalation militare.
In ultimo va sottolineato come la crisi di governo, che dura ormai da svariati mesi, abbia avuto ripercussioni sul panorama politico interno. Il silenzioso lavoro sotterraneo di Akhmetov degli ultimi due anni sembra portare ora i suoi primi frutti. Il Blocco di Opposizione, seppur marginale a livello elettorale nazionale, ha assunto crescente importanza nelle “stanze segrete” dell’Amministrazione Presidenziale e, anche se la possibile nomina dell’oligarca potrebbe sembrare ancora improbabile, il fatto stesso che se ne sia iniziato a parlare con una certa insistenza rappresenta probabilmente un importante segnale per il futuro.