Se c’era un risultato che i sondaggi avevano predetto e che ha trovato conferma dalle urne slovacche, è stato la perdita della maggioranza assoluta dello Smer-SD del premier Fico. Quello che, però, i sondaggi non erano stati in grado di indicare e che, obiettivamente, sembrava impossibile fino a ieri, è stato un’emorragia di voti così importante per il partito di governo, parallelamente ad un avanzamento massiccio di tutte le formazioni di destra.
Il grande sconfitto di questa tornata elettorale è dunque Robert Fico ed il suo partito socialista Smer-SD, fermatosi al 28,3%. Un risultato sorprendentemente negativo se confrontato con la percentuale raggiunta alle ultime elezioni (44%), e con tutti i sondaggi che davano il partito di governo in una forbice compresa tra il 32 ed il 40%. In termini numerici, lo Smer passa da 83 a 49 seggi, perdendone ben 34.
Sul secondo gradino si posiziona il SAS (libertà e solidarietà), partito liberale fondato dall’economista Richard Sulík, facente parte della coalizione di centro-destra che governò il paese dal 2010 al 2012. I liberali raggiungono il 12,1% e raddoppiano di fatto il numero di seggi, da 11 a 21.
Al terzo posto il partito conservatore OL’aNO (persone ordinarie e personalità indipendenti) che, totalizzando un +2,5% rispetto alle scorse elezioni, conquista l’11% e guadagna 19 seggi.
SNS, il partito ultra-nazionalista slovacco, conquista con un ottimo 8,6%, raddoppiando i voti presi durante le scorse elezioni (4,5%). L’SNS costituirebbe l’unica forza valida a cui Fico potrebbe appellarsi per costruire una coalizione di governo, basandosi sull’esperimento già provato nel quadriennio 2006-2010 (e che costò la momentanea espulsione dello Smer dal gruppo dei socialisti europei). Tuttavia, la somma dei 15 seggi dei nazionalisti con i 49 dei socialisti non garantirebbe la maggioranza assoluta del Parlamento (64 su 150).
La seconda grande sorpresa elettorale è costituita dall’ingresso in Parlamento dell’L’SNS (il partito del popolo), lo schieramento neonazista sostenitore di posizioni anti-semite, anti-rom ed euroscettiche. Nel 2006 l’L’SNS fu dichiarato illegale e dovette continuare la sua attività come organizzazione civica, per poi tornare partito nel 2009 sotto la guida di Marian Kotleba. Alle elezioni del 2012 prese solo l’1,6%. In quest’ultima tornata ha raggiunto un sorprendente 8%, che in termini di seggi significa 14 posti in Parlamento.
Entra in Parlamento anche SME Rodina (Noi siamo una famiglia), il nuovo partito liberale fondato dall’imprenditore Boris Kollár, che conquista il 6,6%.
Most-Hid, il partito della minoranza ungherese, si ferma al 6,5%, ottenendo un sostanziale pareggio rispetto alle scorse elezioni dove aveva ottenuto il 6,9%. In termini di seggi, ne perde 2, ma rimane l’unica forza sostenitrice della minoranza magiara, visto il magro 4% ottenuto dal SMK-MKP, il partito della comunità ungherese che, per la seconda volta consecutiva, rimane fuori dal Parlamento.
Altro illustre sconfitto è #SIEŤ, il nuovo partito di centro-destra che aveva impostato la sua intera campagna elettorale sulla lotta alla corruzione e al clientelismo impersonificato dallo Smer. Visto come il volto nuovo della politica slovacca, , ottiene solo il 5,6%, andando ben al di sotto della forbice indicata da tutti i sondaggi, compresa tra il 10-14%.
Sotto la soglia del 5%, e quindi fuori dal Parlamento il KDH, il partito dei cristiani moderati che nella scorsa legislatura aveva ottenuto 16 seggi, e l’SDKÚ-DS dell’ex premier Iveta Radičová, ormai spazzato via dalla politica slovacca dopo lo “scandalo del gorilla” e la debacle elettorale del 2012.
Ricapitolando, la principale conseguenza di queste elezioni è la totale ingovernabilità, e le possibili vie d’uscita, al momento, sembrano essere tre. Uno, lo Smer-SD forma un governo di minoranza con SNS, assicurandosi un appoggio da parte di altre forze (come lo L’SNS) su tematiche specifiche. Due, i partiti di destra formano una coalizione anti-Fico e danno vita ad un nuovo esecutivo (i numeri ci sarebbero, ma le differenze di vedute sono ampie, e mancherebbe l’esperienza necessaria per quasi tutti i partiti chiamati in causa). Tre, si va ad elezioni anticipate, sperando in un risultato meno ambiguo di quello ottenuto sabato scorso.